” Il pm Di Matteo condannato dagli 007″

“Finora non ho detto tutto per paura. temo per me e per la mia famiglia, ma se mi tutelate, dico tutto”. E’ la richiesta accorata del pentito Carmelo D’Amico che sta facendo rivelazioni inedite sulla trattativa Stato-mafia.  Il pentito messinese, ex capo provinciale di Cosa Nostra, è già sottoposto al programma di protezione, ma i suoi familiari ancora non sono stati trasferiti in località protetta. Il presidente della Corte d’Assise lo ha invitato a dire tutta la verità, assicurandogli protezione per sé e la famiglia. D’Amico, che si è autoaccusato di una trentina di omicidi, ha rivelato di essersi pentito dopo la scomunica dei mafiosi di Papa Francesco.  

“I nomi che farò oggi sono di persone capaci di tutto, possono entrare nelle carceri e uccidere simulando suicidi e morti naturali. Sono loro che dirigono la politica e cercheranno di togliermi di mezzo come volevano fare con lei, dottor Di Matteo”, ha esordito rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo, al quale ha rivelato che la condanna a morte del magistrato che si è trovato di fronte “era stata decretata da Cosa nostra e dai Servizi segreti perché stava arrivando a svelare rapporti costanti ed era peggio di Falcone”. Dichiarazioni sconvolgenti, che accusano gli 007 del governo italiano, che secondo il pentito, inizialmente volevano uccidere anche l’ex pm Ingroia e avevano mandato a Provenzano l’ambasciata di eliminare i due magistrati. Ma il boss non voleva più le bombe e allora si decise di procedere con un agguato. “I boss Nino Rotolo e Vincenzo Galatolo – ha aggiunto D’Amico – aspettavano in carcere la notizia dell’omicidio di Di Matteo, ma avevano deciso che ciò non fosse accaduto, avrei dovuto pensarci io una volta uscito dal carcere”.

“Il boss Nino Rotolo mi rivelò in carcere che i mandanti delle stragi di Falcone e Borsellino erano Andreotti, altri politici e i Servizi segreti che volevano governare l’Italia”. E ancora “Il boss Rotolo mi rivelò che, spinti dai Servizi i ministri Mancino e Martelli si rivolsero a Ciancimino, tramite Cinà, per arrivare a Riina e Provenzano. Ma Riina non voleva accettare i contatti, poi fu convinto da Provenzano e insieme scrissero alcuni punti come quelli sull’alleggerimento delle normative sui sequestri dei beni”.

E D’Amico getta ombre inquietanti anche sui carabinieri “Nino Rotolo mi rivelò che Provenzano non si è mai mosso da Palermo durante la latitanza perché era protetto dai carabinieri del Ros e dai Servizi segreti. Avevo paura di parlare dei Servizi – ha aggiunto – per questo non l’ho detto prima e ho chiesto un nuovo interrogatorio”. “Non so se il Ros ha avuto un ruolo nella trattativa – ha concluso – ma ha coperto la latitanza di Provenzano”.


Carmelo D’Amico

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