MAFIA – Ergastolo per il boss Gerlandino Messina e isolamento diurno per 4 anni [VIDEO]

Emesso un ordine di esecuzione per la pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per 4 anni, a carico del capomafia Gerlandino Messina. Nel provvedimento firmato dal pubblico ministero Alessandro Macaluso, viene ripercorsa anche la “collezione” di sentenze di condanna inflitte, negli ultimi quindici anni, al boss empedoclino. «Ad oggi Gerlandino Messina non ha pendenze in corso», precisa e sottolinea il suo legale difensore, l’avvocato Salvatore Pennica. L’ultima condanna rimediata, risale all’anno scorso, da parte del collegio dei giudici del Tribunale di Agrigento, (presidente Giuseppe Melisenda Giambertoni, a latere Maria Alessandra Tedde e Giancarlo Caruso), che hanno riconosciuto l’empedoclino, quale capo di Cosa Nostra, per un determinato periodo, nella provincia di Agrigento. Dovendo già scontare un ergastolo inflitto, dalla Corte di Assise di Agrigento, con la sentenza del 1 luglio 2001 (il famoso e per certi versi storico processo Akragas), pertanto i giudici hanno applicato l’istituto della cosiddetta continuazione, con un ulteriore anno di isolamento diurno. Quindi venne confermata la tesi secondo cui, per appena quattro mesi, dal 25 giugno del 2010 (data dell’arresto a Marsiglia di Giuseppe Falsone) al 23 ottobre successivo, Gerlandino Messina, fino ad allora suo vice, divenne il rappresentante delle famiglie mafiose agrigentine. Messina è ritenuto dagli inquirenti tra i killer che fece parte del commando, che uccise il maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli. Il Pubblico ministero della Direzione Distrettuale antimafia Rita Fulantelli, aveva quantificato la richiesta di condanna in 22 anni di reclusione, in quanto «da sempre faceva parte di Cosa Nostra, e dopo l’omicidio Guazzelli scalò le gerarchie, arrivando al vertice della provincia di Agrigento». La Dda aveva quindi istruito il processo dal periodo, che andava dal 1999, fino al giorno del suo arresto nel covo di viale Stati Uniti, a Favara, alle 17 del 23 ottobre 2010, con l’intervento delle teste di cuoio, e l’irruzione in casa, sorprendendo, anche grazie all’uso di bombe abbaglianti, Messina, il quale ha subito ammesso di essere proprio lui il boss. «Ogni cosa ha la sua fine», le sue uniche parole pronunciate ai militari incappucciati. E da allora il boss empedoclino, si trova rinchiuso nella Casa circondariale di Tolmezzo, in Friuli, per scontare il carcere a vita. «In questi dodici anni è stato creato un falso mito. Non è affatto vero, che dal 1998 al 2010, aveva scalato le gerarchie mafiose», tuonò l’avvocato Salvatore Pennica. Tra le altre condanne rimediate nel tempo, c’è quella del 2009, quando il capomafia era ancora “uccel di bosco”, della Corte di Assise di Agrigento (irrevocabile nel 2011), alla pena di 14 anni di reclusione, e ancora altri 9 anni e 6 mesi, tra il 2012 e il 2013 per le armi e le munizioni, rinvenute nell’ultimo nascondiglio.

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