“Aggravante mafiosa per Lombardo”

L’aggravante di aver agito con la finalità di favorire Cosa Nostra è stata contestata questa mattina in udienza dalla Procura di Catania al presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e a suo fratello Angelo, deputato nazionale Mpa, nel processo in cui sono imputati di voto di scambio. Al reato si aggiungerebbe così l’aggravante di mafia dell’articolo 7. Sulla contestazione formulata dai Pm, Carmelo Zuccaro e Michelangelo Patanè, deve ora pronunciari il giudice monocratico, Michele Fichera. 

I Pm si sono richiamati al verbale del 6 marzo del 2012 del pentito Maurizio Di Gati, ex boss di Agrigento, in cui si parla delle modalità delle richieste di voti. Le dichiarazioni – è la tesi della Procura- aggiungono un “novum” secondo cui la richiesta di voto non sarebbe stata selettiva, rivolta “ad personam”, ma conosciuta in tutto il rione. Da qui, secondo i Pm, discende l’applicabilità dell’aggravante contestata in aula.

“Le condizioni di omertà in cui vivevano le persone del quartiere erano tali -ha argomengtato il Pm Zuccaro- che nessun rivale politico denunciasse che un altro candidato avesse l’appoggio dell’associazione mafiosa, facendo emergere una sorta di “paura estesa”, che si collega secondo la Procura alla “forza di intimidazione” di Cosa nostra”.

Nell’udienza di stamattina, cui presenzia Raffaele Lombardo, era previsto l’interrogatorio del geologo Giovanni Barbagallo, arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Iblis” con l’accusa di mafia, ma è saltato a causa di un difetto di notifica.

Dopo l’intervento dei difensori, il giudice Fichera ha rinviato l’udienza al prossimo 19 luglio per comunicare la sua decisione. Oggi, infatti, Angelo Lombardo non era presente in aula e il termine servirà perchè la contestazione dell’aggravante gli sia formalmente notificata. “Ho uno spazio molto ristretto”, ha affermato il giudice Fichera lasciando l’aula. Le parole sembrano riferirsi al fatto che, con l’aggravante di mafia, la competenza non sarebbe più del giudice monocratico ma passerebbe al Tribunale. In tal caso, il processo dovrebbe ricominciare daccapo.

Il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, ha commentato amaramente: “Il grande rammarico è che io non ho ancora un processo nè un rinvio a giudizio, e che bisogna ricominciare daccapo”. Il governatore ha sottolineato che se l’annunciata decisione di dimettersi alla fine di luglio “non fosse motivata da una scelta politica, potrei rimetterla in discussione. Ma – ha precisato – non cambia alcunchè, io mi dimetterò per fare fare votare il 27 e 28 ottobre”.

“La Procura di Catania è composta da persone di straordinario valore, qualità e competenza” ma “le accuse dei pentiti sono sotto gli occhi di tutti, sono ridicole. Io non mi sento vittima di alcuno sono responsabile delle mie azioni e mi sento sereno, anche se contrariato. Da questo processo emerge come è stata concreta e indubitabile la nostra azione contro la mafia. Adesso ci sarà un procedimento nel quale ci confronteremo con la magistratura”.

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