AGRIGENTO – Operazione antimafia “Icaro”, ricorso della Dda

I pm, Fulantelli e Ravaglioli, della Dda si sono rivolti al Tribunale del Riesame di Palermo per chiedere provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di alcuni indagati dell’inchiesta denominata “Icaro”, scattata il 2 dicembre scorso, e condotta dalla Mobile di Agrigento.

Ricordiamo che l’operazione ha portato a 13 misure cautelari (6 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 4 con obbligo di firma).

I pm ricorrono al “Riesame” affinchè coloro che sono finiti ai domiciliari, o con obbligo di firma, possano essere invece tradotti in carcere, quindi un aggravamento della misura attualmente disposta.

Sono sei le persone finite in carcere nell’ambito dell’operazione antimafia “Icaro” condotta dalla polizia: Antonino Iacono, 61 anni, indicato come il capo della “famiglia” di Agrigento; Francesco Messina, 58 anni, ritenuto il capo della “famiglia” di Porto Empedocle; Francesco Capizzi, inteso “il milanese”, 50 anni; Francesco Tarantino, inteso “Paolo”, 29 anni; Gioacchino Cimino, 61 anni, e Giuseppe Picillo, 53 anni, di Favara.

Il Gip del tribunale di Palermo ha disposto invece gli arresti domiciliari per Pietro Campo, 63 anni, di Santa Margherita Belice (Ag); Giacomo La Sala, 47 anni, anche lui di Santa Margherita Belice e per Emanuele Riggio, 45 anni, di Monreale (Pa). Obbligo di presentazione alla Pg, invece, per Vito Campisi, 45 anni, e Antonino Grimaldi, 49 anni, entrambi di Cattolica Eraclea (Ag); Santo Interrante, 34 anni, e Gaspare Nilo Secolonovo, 47 anni, di Santa Margherita Belice (Ag).

Le indagini hanno investito il capoluogo agrigentino e la zona occidentale di Agrigento, “permettendo di ricostruire la pianta organica dell’associazione mafiosa Cosa Nostra in quel territorio ed, in particolare, di raccogliere numerosi elementi indiziari a carico del capo famiglia della cosca di Agrigento, Antonino Iacono, agrigentino, 61 anni e del capo famiglia della cosca di Porto Empedocle, Francesco Messina, nato a Porto Empedocle, 58 anni. Questi ultimi, in particolare, operavano con metodo mafioso ed estorsivo per condizionare l’attività di ristrutturazione del rigassificatore di Porto Empodecle”.

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