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Arrestato il presidente dell’associazione Antiracket : taglieggiava le vittime

Un altro professionista dell'Antimafia in manette. Stavolta agli arresti (domiciliari) è finito il presidente dell'Associazione antiracket siciliana (Asia) Salvo Campo

Un altro professionista dell’Antimafia in manette. Stavolta agli arresti (domiciliari) è finito il presidente dell’Associazione antiracket siciliana (Asia) Salvo Campo che secondo i Finanzieri del Comando provinciale di Catania – titolari delle indagini su delega della Procura etnea – aveva creato l’associazione «per l’esclusivo perseguimento di un utile economico personale, in danno sia di coloro i quali si rivolgono all’associazione per ottenere assistenza e supporto sia nei confronti dello stesso ente».

L’attività investigativa delle Fiamme Gialle di Catania è scaturita da un’attività di monitoraggio delle associazioni e organizzazioni antiracket e antiusura operanti nel territorio catanese e dall’esame di esposti presentati in Procura da organizzazioni associazioni operanti nel medesimo contesto.

I militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania hanno corroborato le loro indagini con intercettazioni telefoniche, ambientali, videoriprese, escussioni testimoniali e accertamenti bancari: l’inchiesta ha consentito di delineare un quadro indiziario grave nei confronti di Campo, il quale costringeva vittime estorsione da parte della criminalità organizzata, vittime di usura e negozianti minacciati   consegnargli somme in denaro non spettanti, in misura proporzionale ai riconoscimenti previsti dal fondo di solidarietà per le vittime.

L’Associazione Siciliana Antiracket è nata nel 2008 per aiutare le vittime del racket del pizzo, ma in realtà drenava loro altro denaro. Secondo gli investigaori, Campo anziché aiutare le vittime «tendeva ad assoggettarle, subordinando il sostegno dell’associazione – specificatamente nella predisposizione delle istanze di accesso ai benefici di legge – all’accoglimento delle proprie pretese economiche, oscillanti tra il 3% e il 5% del beneficio concesso dalla legge alla vittima del reato».

Le indebite richieste venivano avanzate sia per avviare l’iter procedurale per il riconoscimento del risarcimento che prima del riconoscimento delle somme erogate dallo Stato.

Pare che anche i metodi di Campo fossero “mafiosi”. Qualora l’associato-vittima, dicono ancora i Finanzieri – non aderiva alle richieste di denaro, il presidente Campo assumeva atteggiamenti intimidatori fino anche a togliere il sostegno dell’associazione. Gli illeciti pagamenti fatti a Campo, tra l’altro sanciti anche in scritture private non registrate, avvenivano in denaro contante o attraverso versamenti bancari, qualificati apparentemente come contributi volontari.

Sono almeno tre gli episodi contestati: nel primo, il gestore di una libreria vittima di estorsione e usura ha rifiutato di assecondare le pretese di denaro di Campo, il quale chiedeva il 3% della somma che l’uomo avrebbe percepito quale ristoro di legge, prospettando al libraio le inevitabili lungaggini burocratiche cui sarebbe incappato se non si fosse avvalso del suo intervento; nel secondo, Campo riscuote  dai familiari di una vittima della criminalità organizzata – che avevano assistito all’omicidio del loro congiunto  – una busta con 1.500 euro in contanti senza i quali avrebbe di fatto interrotto la sua assistenza a favore delle vittime per il riconoscimento degli ulteriori benefici di legge; nel terzo caso, la vittima era un cittadino straniero (titolare di un bar) costretto a versare a Campo 3.000 euro in contanti per il timore, indotto da atteggiamenti intimidatori, di non essere adeguatamente seguito nel disbrigo delle pratiche necessarie per ottenere il saldo del risarcimento spettante. In una circostanza, Campo avrebbe anche consigliato a una vittima del racket di farsi attestare da un medico compiacente una falsa patologia al fine ottenere illegittimamente un maggior risarcimento da parte dello Stato.

La disamina degli estratti bancari da parte dei Finanzieri del Gruppo Tutela Economia del Nucleo PEF di Catania ha poi evidenziato un utilizzo personale dei fondi dell’associazione da parte di Campo, mediante l’emissione di assegni circolari poi cambiati per cassa dallo stesso indagato o fatti confluire in conti personali o per il pagamento di spese non attinenti agli scopi dell’associazione. In altre parole, Campo ha utilizzato a fini personali il conto corrente intestato all’associazione, nel quale affluiscono oltre ai contributi riconosciuti dalla Regione siciliana anche contributi volontari degli associati. Dagli accertamenti bancari eseguiti, è emersa un’appropriazione complessiva dei fondi associativi di oltre 70.000 euro. Solo una parte degli stessi (circa 37.000) è riferibile ai fondi pubblici, per i quali il Gip ha disposto il sequestro.

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