Asse fra Palermo e Castelvetrano, rapina per finanziare Messina Denaro 4 arresti di mafia[Vd1][Vd2][Vd Tg]

Asse di mafia fra Palermo e Trapani. I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani hanno eseguito in queste ore un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa su richiesta della procura distrettuale antimafia di Palermo, nei confronti di 4 esponenti di cosa nostra, indagati per rapina e ricettazione aggravate dalle finalità mafiose.

In particolare, le indagini del Ros e dei carabinieri di Trapani hanno ricondotto agli interessi della famiglia mafiosa di Castelvetrano l’assalto del novembre del 2013 a Campobello di Mazara ai danni della Tnt, una società di trasporti. Un colpo che, secondo gli investigatori documenta “un accordo tra le principali articolazioni di cosa nostra per la gestione di progetti delittuosi comuni”.

Nel corso dell’operazione sulla rapina al corriere di Campobello di Mazara sono stati arrestati Giorgio Provenzano, ritenuto dai carabinieri del Ro il capodecina del mandamento di Bagheria, due degli esecutori del colpo che fruttò 100 mila euro: Domenico Amari, di Villabate, e Michele Musso, di Palermo del quartiere Brancaccio, e Alessandro Rizzo ricettatore di Palermo.

L’operazione si inserisce nel quadro della complessiva manovra finalizzata alla cattura di Matteo Messina Denaro e al “progressivo depotenziamento dei circuiti criminali e depauperamento delle risorse economiche di cosa nostra”.

Insomma gli uomini di Matteo Messina Denaro, che, tra l’altro, è cognato di Filippo Guttadauro, fratello del boss di Brancaccio Giuseppe, hanno stretto solide alleanze con i palermitani. Legami che si sono rinsaldati per mettere a segno vari progetti criminali, a cominciare proprio da quella rapina del 4 novembre del 2013 nel deposito della ditta di spedizioni «Tnt» di Campobello di Mazara.

Un colpo che fu pianificato, secondo l’accusa, da Girolamo Bellomo, che è palermitano, e Francesco Guttadauro, nipoti del latitante. Il primo è stato arrestato nell’operazione «Eden2», l’altro era finito in manette l’anno scorso.

Secondo l’accusa «il gruppo di Girolamo Bellomo, detto ”Luca”, si compone di una frangia castelvetranese e di un coacervo criminale di soggetti provenienti dai quartieri palermitani di corso dei Mille e Brancaccio, appartenenti all’entourage delinquenziale riconducibile a Giuseppe Nicolaci e Ruggero Battaglia, anch’essi arrestati nel blitz dei carabinieri. Battaglia è nipote del boss palermitano Ruggero Vernengo, ed è imparentato con gli Eucaliptus di Bagheria, nomi storici di Cosa nostra».

Gli inquirenti ritengono che la compagine criminale si sia mossa secondo le direttive impartite da Francesco Guttadauro, in virtù del suo ruolo di rappresentante delle volontà di Matteo Messina denaro, e di Bellomo, con lo scopo di trovare capitali per la «famiglia» e di mantenere gli equilibri criminali del mandamento di Castelvetrano. Gli stretti legami criminali tra Bellomo e i palermitani emergono anche da un particolare ricostruito dai palermitani: «Luca» offrì a Nicolaci e Battaglia un soggiorno di tre giorni presso un resort di Castelvetrano, provvedendo in prima persona a saldare il conto di 2.840 euro.

Gli investigatori in più di un’occasione registrano incontri tra gli uomini di Castelvetrano e di Palermo.

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