Aveva l’aorta rotta ma gli curarono la gastrite, a processo un medico di Villa Sofia

Il gup di Palermo, Agostino Gristina, ha rinviato a giudizio per omicidio colposo un medico di Villa Sofia, Giovanni Di Marco, per la morte di Giovanni Maria Carroga, paziente di 62 anni deceduto nel 2010, dopo essere stato dimesso dall’ospedale. Gli diagnosticarono dei problemi gastrici perché non si sarebbero accorti di una dissecazione aortica. A marzo il gip Fernando Sestito aveva disposto l’imputazione coatta a fronte di due richieste di archiviazione da parte della procura, ordinando anche la trasmissione degli atti per valutare la posizione di due consulenti. Anche oggi il pm ha chiesto l’archiviazione, ma il gup ha disposto il giudizio. Il processo comincerà il 30 ottobre davanti alla quarta sezione penale monocratica.

La vicenda risale al 9 luglio 2010. Quella sera, Giovanni Carroga viene visitato dal dottor Di Marco per verificare se ci fosse o meno un infarto in corso: i risultati dell’elettrocardiogramma lo escludono. Ma non viene disposta una radiografia toracica. Il paziente, dopo quattro ore, verrà dimesso con la diagnosi di una banale gastrite. Il consiglio di Di Marco è semplice: “mangiare in bianco” e assumere un farmaco se il dolore dovesse persistere. Carroga torna presso la propria abitazione di Villagrazia di Carini, dove morirà nella notte tra il 10 e l’11 luglio 2010. Inizia così un lungo processo. Il consulente della procura, dopo l’autopsia, stabilirà però che non vi è alcuna responsabilità medica, se non quella della vittima. Secondo i tecnici del caso, la colpa sarebbe di Carroga, che non si era più presentato al pronto soccorso dopo la dimissione, nonostante il permanere del dolore. Segue così una prima richiesta di archiviazione del pm alla quale si sono opposti i legali, confortati dalla consulenza di un medico di Napoli, Biagio Lettieri, secondo il quale Di Marco avrebbe dovuto disporre una radiografia toracica. Il gip accoglie l’opposizione disponendo entro sessanta giorni ulteriori indagini, in riferimento proprio alla mancata esecuzione di una rx al torace e alla dimissione del paziente senza una diagnosi, ma con la semplice prescrizione di farmaci solo sintomatologici e non terapeutici.

Passano trenta mesi e il consulente del pm deposita la nuova relazione tecnica che non risponde ai quesiti del gip. Altra richiesta di archiviazione respinta. Nella terza relazione a firma dei consulenti del pm spunta un documento: “la radiografia a Carroga era fatta fatta” sostengono i consulenti, ed è contenuta nella busta delle radiografie all’addome, che per dimenticanza non era stata repertata”. Dalla stessa, sempre secondo i medici, non si evincerebbe il benché minimo sospetto di una dissezione della aorta. Inoltre, pur ribadendo che il paziente non si presentò mai più al pronto soccorso, interrompendo il “nesso causale”, quattro righe sotto sostengono che Carroga si sarebbe presentato una seconda volta al pronto soccorso troppo tardi, in preda a uno shock emorragico e insufficienza cardiorespiratoria. Ma davanti al gip i legali dimostreranno che la radiografia al torace è in realtà una radiografia all’addome dalla quale, nonostante tutto, si evincerebbe anche un pezzo di torace interessato da una dissezione della aorta in atto. Insomma, nonostante i tentativi di negare le responsabilità mediche, Di Marco aveva la diagnosi corretta proprio sotto gli occhi, ma non se ne sarebbe accorto.

FONTE: REPUBBLICA.IT

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