BLITZ “ORO BIANCO” – La nuova Stidda tra Palma, Licata e Favara: 12 arresti, c’è anche un consigliere comunale

Intrecci pericolosi tra mafia, imprenditoria e politica tra Palma di Montechiaro e Favara. Sono dodici gli arresti eseguiti all’alba dai carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento e (in tutto) 35 le misure cautelari. Al centro dell’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, i cosiddetti “paraccari”, famiglia stiddara che avrebbe avuto nel suo vertice la figura di Rosario Pace, detto “Cucciuvì”. Tra gli arrestati c’è anche il consigliere comunale di Palma di Montechiaro, Salvatore Montalto, considerato dagli inquirenti uno dei capi decina della famiglia. 

GLI ARRESTATI: Rosario Pace, Domenico Manganello, Sarino Lauricella, Sarino Lo Vasco, Gioacchino Rosario Barragato (imprenditore già coinvolto in operazione contro Stidda gelese) , Salvatore Montalto (consigliere comunale di Palma di Montechiaro), Tommaso Vitanza, Giuseppe Morgana, Gioacchino Pace, Salvatore Emanuele Pace, Giuseppe Blando. Ai domiciliari Calogero Lumia. 

L’inchiesta muove i primi passi nel palermitano ma ben presto si sviluppano i collegamenti con la provincia di Agrigento. Collegamenti che sono stati tracciati anche dal collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta. Dalla figura di Salvatore Troia, uomo d’onore di Villabate, si è giunti a Favara dove era in contatto con Giuseppe Blando, arrestato (e assolto in primo grado) nell’operazione Montagna. Blando è il fratello del più noto Domenico, favoreggiatore della latitanza di Giovanni Brusca a Cannatello. 

L’accusa per gli indagati e’ di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento ed omerta’ che ne derivano per commettere gravi delitti, acquisire la gestione o il controllo di attivita’ economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici e procurare voti eleggendo propri rappresentanti in occasione delle consultazioni elettorali. Tra i tentativi di estorsione svelati dall’indagine ci sarebbe quello ai danni del gruppo di imprese che si è aggiudicato un appalto da due milioni e tre cento mila euro nell’ambito del “Contratto di quartiere”.

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