“Borsellino sapeva dell’accordo Stato-mafia ed era disgustato”

“Dopo la morte di Falcone dissi che volevo parlare solo con Paolo Borsellino. L’1 luglio mi venne a trovare in carcere. Verso le 15 ricevette una telefonata e mi disse che doveva andare al ministero. Quando tornò era molto turbato, lui era un tipo sensibile ed emotivo, si capiva già dal viso se era arrabbiato. Addirittura aveva due sigarette accese una in bocca, l’altra in mano. Mi ha detto che aveva incontrato il ministro Nicola Mancino, ma anche il dottor Bruno Contrada e Vincenzo Parisi. Era particolarmente contrariato di avere incontrato Contrada”. Lo ha detto il collaboratore di giustizia, Gaspare Mutolo, nel processo al generale dei carabinieri Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia.

“Prima di iniziare la mia collaborazione con Borsellino gli dissi: intanto dobbiamo fermare il braccio armato della mafia prima che fanno altre stragi – ha proseguito – Da lì abbiamo cominciato a scrivere i primi verbali, in presenza anche del dottore Vittorio Aliquò. Con Borsellino ci siamo visti anche il 15, il 16 e il 17 luglio. Spesso ci fermavamo a parlare anche dopo aver finito le dichiarazioni da mettere a verbale. Era sempre nervoso. In un’occasione l’ho sentito parlare fuori con alcune persone e gridava ‘ma sono matti!’. Era arrabbiato e direi disgustato per l’ipotesi di offrire ai mafiosi la possibilità della dissociazione”.

Mutolo si riferisce alla possibilità di uno sconto di pena senza dover accusare i complici, ma ammettendo semplicemente la propria appartenenza all’associazione criminale. “Diceva che era matto chi voleva accettare questa dissociazione, per lui non era un fatto positivo ed era matto chi la vedesse come una cosa positiva – ha proseguito – Io gli dissi che la mafia è andata sempre d’accordo con lo Stato”.

“Borsellino sapeva che c’era una trattativa ed era disgustato, molto amareggiato. Con lui non abbiamo mai parlato però di Mori. Si diceva che i mafiosi avevano trovato degli interlocutori. Io avevo intuito che Mori era in contatto con alcuni personaggi mafiosi per catturare i latitanti Riina e Provenzano. Mori, di cui non si faceva il nome ma io avevo capito che potesse essere lui dai riferimenti fatti dai funzionari della Dia, scendeva spesso a Palermo ed aveva contatti all’interno di Cosa nostra per trattare. So che il dottore Borsellino era contrario alle trattative”, ha continuato Mutolo.

“L’argomento ricordo che venne discusso a margine di uno degli interrogatori in cui era presente Borsellino – ha proseguito – A questo proposito ricordo che i ragazzi della Dia che mi trasportavano erano, con mia sorpresa, più preoccupati di essere seguiti da persone dei ‘servizi’ che da appartenenti alla criminalità organizzata”. Quando è stato chiesto a Mutolo come mai, lungo tutti questi anni di collaborazione, non avesse svelato particolari così rilevanti come l’amarezza di Borsellino per la trattativa o la dissociazione la risposta è stata: “Perché nessuno me l’aveva mai chiesto, non mi era mai stato detto di parlare di questi argomenti”.

Intanto, il generale dei carabinieri Antonio Subranni è stato “indagato in procedimento connesso”. Per questo motivo, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’avviso di garanzia è arrivato all’ex generale due giorni fa. Anche a febbraio scorso Subranni, chiamato dai pm palermitani per essere interrogato sulla trattativa, si era avvalso della facoltà di non rispondere. In quell’occasione questa “chance” gli era stata concessa in quanto indagato per concorso in associazione mafiosa nell’inchiesta aperta dalla procura di Caltanissetta sui cosiddetti mandanti esterni della strage di via d’Amelio.

In quell’inchiesta la sua posizione è stata archiviata, su richiesta dei magistrati, per i raggiunti limiti di tempo previsti dalla legge per le indagini preliminari. I magistrati avrebbero voluto sentire Subranni perchè era alla guida del Raggruppamento operativo speciale nel periodo degli attentati mafiosi del 1992, quando, secondo la Procura, l’allora colonnello Mario Mori, numero due del Ros e vice del generale, avrebbe avviato i contatti con Vito Ciancimino per raggiungere un accordo finalizzato a far cessare la strategia stragista di Cosa nostra. ”

“L’anno scorso sono stato indagato su cose false – ha detto Subranni, volendo fare delle precisazioni prima di dire la sua scelta – devo riconoscere al pm che nel 2006 chiese la mia archiviazione e nel 2009 finalmente l’indagine fu archiviata qui a Palermo. Adesso sono di nuovo indagato”.

Subranni è accusato di “violenza o minaccia a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario”. Assieme a Subranni sono stati iscritti nel registro degli indagati, oltre ai boss Totò Riina e Bernardo Provenzano, il generale dei carabinieri Mario Mori, il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro Dc Calogero Mannino.

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