Calil azzanna la Lupa

L’elefante schiaccia la lupa, il Castello Ursino batte i Castelli Romani, mettetela come volete. I 119 tifosi ufficiali del Catania, e meno male che ci sono loro a fare numero in uno stadio con la gigantesca scritta “Rieti” su una tribuna completamente vuota, la sanno lunga. Sanno che vale la pena esserci, perché su questo campo i tre punti sono una probabilità simile a quella che la Santanché litighi con qualcuno in una trasmissione televisiva. 

Talmente è alta che si verifica nonostante quell’unico ululato laziale – solo soletto in mezzo a un concerto di barriti rossazzurri – rappresenti il gol dell’1-1. Ma è nella prepotenza degli attacchi etnei successivi che si legge il destino di questa partita, segnata alla mezzora del secondo tempo dal 2-1 definitivo di Calil.

Se negli ultimi mesi tifare per il Catania richiede tanto amore, deve essere ancora più complicato parteggiare per la Lupa Castelli Romani Frascati, già soltanto per questioni di metrica nei cori e di spazio negli striscioni, ma soprattutto perché l’ultimo posto in classifica non è di quelli che ti costringono a un “eppure non si direbbe”.

Nel primo tempo le distanze dalla squadra di Pancaro sono così profonde che uno 0-3 ci starebbe tutto. Invece, dopo gli sprechi di Calil (due difensori lo contrastano sul più bello), Musacci (controbalzo di poco largo) e Scarsella (destro al volo sulla traversa, Pelagatti si fa stoppare sul rimbalzo al centro dell’area), arriva solo un golletto allo scadere: il portiere Gobbo Secco, un uomo che nella vita deve avere sofferto, non trattiene un tiraccio di Nunzella; Calil si avventa sul pallone, viene steso e trasforma il rigore.

Vabbé, questione di poco e i rossazzurri nel secondo tempo la chiudono, viene da pensare mentre ancora Calil ruba palla al 14′, se la porta sul sinistro e spara alto. Ma proprio un minuto più tardi il catanese Giuseppe Siclari si ritrova in area un assist sbucciato da Volpe, su azione propiziata da un errore di Garufo a destra, e buca Bastianoni.

La vecchia storia della beffa calcistica ronza nelle teste etnee per una decina di minuti, poi con Plasmati al posto di Rossetti il Catania si decide a togliersi il dente. Cinque minuti di pentola a pressione e il coperchio salta, con lo schema “Nunzella passa e Gobbo Secco”: il terzino finta e mette in mezzo dalla solita fascia sinistra, Calil in zona area piccola è una certezza; palla tra palo e portiere e 2-1.

A questo punto la partita si spegne, nell’implicita minaccia di un’altra sfuriata rossazzurra (“State buoni e non costringeteci ad affannarci ancora per farvene altri, per favore”). Siclari potrebbe colpire al novantesimo su punizione dal limite, ma la butta sulla barriera. Quando vorrà tornare a Catania gli offriranno una birra.

FONTE: LA SICILIA

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