CASSAZIONE – Respinto risarcimento per Mannino: “Sua detenzione non fu ingiusta”

Respinta, dalla Cassazione, la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione avanzata dall’ex ministro Democristiano Calogero Mannino dal momento che – scrivono i Supremi giudici nella sentenza 1921 – il politico aveva «accettato consapevolmente l’appoggio elettorale di un esponente di vertice» della mafia, Antonio Vella.

Mannino è stato prosciolto definitivamente dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa ma la Suprema corte ha ritenuto motivate le esigenze cautelari.

Ad avviso della Quarta sezione penale della Suprema Corte, l’ordinanza con la quale la Corte di Appello di Palermo – nel marzo 2012 – aveva negato il risarcimento chiesto dall’ex ministro agrigentino, offre “ampia ed esauriente giustificazione dell’espresso convincimento circa la sussistenza di una condotta gravemente colposa del richiedente (Mannino) causalmente efficiente rispetto alla detenzione subita”. Nel suo verdetto la Cassazione ricorda che lo stesso politico “non ha saputo fornire una qualsivoglia plausibile giustificazione del possesso da parte del Vella di tanti numeri di telefono” a lui riconducibili (una decina di utenze, comprese quelle dei suoceri) “se non ipotizzare che la
ragione potesse risiedere nell’acquisto di qualche libro, giustificazione del tutto incredibile, ove si tenga conto che riesce difficile credere che possono essere forniti anche i numeri telefoni di Roma e che un politico così impegnato potesse occuparsi, in quella sede, dell’acquisto di enciclopedie”.

Tutti questi elementi “giustificavano, secondo la corte territoriale – prosegue la Cassazione – il convincimento che il Mannino avesse consapevolmente intrattenuto rapporti con il mafioso Vella per motivi elettorali e avesse, in particolare, accettato che costui divenisse un suo procacciatore di voti, con l’effetto di ingenerare nella mafia agrigentina la convinzione che egli fosse soggetto disponibile per gli interessi dell’organizzazione”.
L’ex ministro fu prosciolto dall’accusa di concorso esterno perché mancava la prova, in relazione al presunto patto elettorale del 1980-81 con Cosa Nostra, “sia in ordine alla concretezza della promessa di una controprestazione, sia in ordine all’effettivo verificarsi di condotte dell’imputato attuative di tale promessa”.
La Cassazione, in sintesi, ha condiviso la valutazione dei giudici palermitani che hanno ritenuto come “per un uomo politico di primo piano accettare consapevolmente l’appoggio elettorale di un esponente di vertice dell’associazione mafiosa e, a tale fine, dargli tutti i punti di riferimento per rintracciarlo in qualsiasi momento, integra gli estremi della colpa grave e costituisce, senza dubbio, condotta sinergica rispetto all’evento detenzione”. Mannino è stato in custodia cautelare in carcere dal 13 febbraio 1995 al 14 novembre dello stesso anno, e poi agli arresti domiciliari dal 15 novembre 1995 al tre gennaio 1997. Il suo proscioglimento è divenuto definitivo il 14 gennaio 2010 quando la Cassazione ha respinto il ricorso della Procura di Palermo contro l’assoluzione.

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