Centrodestra prima coalizione Vola il M5S, il Pd crolla al 19%

Cala il sipario su una legislatura contestatissima e divisiva. E, dopo una lunga giornata segnata da errori, ritardi e code, lo spoglio dei voti incorona il centrodestra prima coalizione del Paese.

Secondo le proiezioni di Tecnè per Matrix, incassa il 35,7% alla Camera e il 36% al Senato. Il Movimento 5 Stelle è, invece, il primo partito del Paese col 32,7% alla Camera e il 30,91% al Senato. A piangere è Matteo Renzi che, dopo il tracollo del Pd al 19%, dovrà ora fare i conti con i malpancisti dem. Più in generale, il quadro che ne esce è complicato. Nessuna forza politica, né da sola né in coalizione, avrebbe dunque la maggioranza e, quindi, l’autosufficienza per poter governare. A meno che non vi siano “innesti” esterni.

“Si parte da noi – esultano in Forza Italia – il centrodestra è la prima coalizione”. All’interno della coalizione, secondo le proiezioni di Tecnè, la Lega supera Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi è al 14,18% alla Camera e al 14,4% al Senato, mentre il movimento guidato da Matteo Salvini è al 18,47% al Senato e al 18,57 alla Camera. “È un momento storico per il Carroccio”, chiosa Giancarlo Giorgetti che, escludendo “intese” post voto, avvia le trattative con gli alleati. Tra questi anche Fratelli d’Italia che incassa oltre il 4%. “Dopo cinque anni di governo della sinistra il centrodestra e non il Movimento 5 Stelle è l’alternativa vincente – fanno sapere da Forza Italia – gli italiani, come aveva chiesto il presidente Berlusconi, non hanno fatto prevalere la deriva grillina”. La partita, poi, non è affatto finita. “Ci sarà la fila per entrare nel centrodestra…”, commenta il capogruppo azzurro alla Camera, Renato Brunetta.

Nelle prossime ore la palla passerà al capo dello Stato Sergio Mattarella. Che non potrà prescindere dall’exploit del Movimento 5 Stelle. Alessandro Di Battista ha già fatto sapere che non intendono aprire ad altre soluzioni se non quella di un governo pentastellato a cui altre forze potrebbero dare l’appoggio su determinati provvedimenti. Ovvero, in altre parole, solo alle condizioni dettate dagli stessi Cinque Stelle. Tutto, però, dipende dal computo (finale) dei seggi. Alla Camera il M5S ne conquista tra 220 e 268, il centrodestra tra 213 e 261, il centrosinistra tra 97 e 145 e Liberi e uguali tra 12 e 18. Al Senato, invece, al centrodestra vanno tra 113 e 139 seggi, ai Cinque Stelle tra 104 e 130, al centrosinistra tra 45 e 71 e a Liberi e uguali tra 4 e 10. A queste proiezioni, però, vanno ad aggiungersi quelli che sono ancora incerti.

Da queste elezioni è il centrosinistra a uscire con le ossa rotte. Alla Camera non arriva al 24%, mentre al Senato si ferma al 22,7%. E il primo imputato è Renzi. “Deciderà lui… ma prima pensiamo al Paese”. Ettore Rosato, capogruppo piddì alla Camera, taglia corto quando gli domandano se Renzi lascerà la guida del Pd. “Voglio capire qual è la soluzione che il Parlamento può trovare per garantire un governo a questo Paese – si limita a dire – dopo discuteremo anche di cosa succede al Pd”. Andando a guardare i singoli partiti della coalizione spicca, infatti, il crollo del Partito democratico. Che si ferma al 19,4% alla Camera e al 18,7% al Senato. Un abisso da quel 40,8% conquistato alle elezioni europee del 2014, ma anche dalla “non vittoria” di Pier Luigi Bersani nel 2013. Renzi assiste alla disfatta nel suo ufficio al Nazareno con un manipolo di big. Lo “schema” di buttare incolpare gli scissionisti regge solo fino a un certo punto, visti i risultati poco lusinghieri raggiunti dai bersaniani. Liberi e Uguali supera (di poco) il 3%, soglia di sbarramento per poter entrare in parlamento.

 

Condividi
         
 
   

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *