Da “compari” a grandi nemici Storia di mafia, invidie e gelosie

Il mancato invito ad un battesimo fu il primo segno della frattura. Alla fine i “compari” divennero grandi nemici. Colpa di invidie e gelosie. Il blitz che ha azzerato il mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno ci consegna la storia del rapporto fra Alessandro Ravesi e Aristide Neri. Entrambi sono fra i sette arrestati dai carabinieri nell’operazione Jafar. Quando Neri, considerato un capofamiglia, lasciò l’amico fuori dalla lista degli invitati ai festeggiamenti per il figlio, Ravesi capì che il rapporto era ormai irrecuperabile.

Ben presto la loro controversia sarebbe sfociata in una rivalità fra fazioni interne allo stesso gruppo criminale. La faccenda divenne talmente seria che si decise di coinvolgere un “giudice” terzo ed esterno. Altro non era che Tonino Messicati Vitale, oggi detenuto perché considerato il capomafia di Villabate. 

“… io l’ho trattato bene sempre – si rammaricava Neri parlando di Ravesi, nel luglio scorso, con l’amico Mario Castellaneta -. Anzi, ho trascurato la famiglia, le cose, l’ho difeso pure… e se siamo arrivati a un punto… l’abbiamo fatto insieme, giusto? Siamo insieme… abbiamo fatto la strada assieme, abbiamo deciso di fare una cosa perché… io comunque ti ho fatto conoscere… poi quando ti sei infilato pure tu … ti allontanò”. Neri, dunque, si vantava, dicono gli investigatori, di avere instradato Ravesi nella carriera criminale.

E per l’ormai ex amico immaginava giorni futuri bui: “Ma prima o poi con questi cristiani avrà problemi”. Neri avrebbe deciso di rivolgersi a Messicati Vitale. Un particolare che emerge dalla conversazioni fra Giovanni Migliore e Francesco Ventimiglia. Il primo fu arrestato nel blitz Perseo del 2008, ma venne scarcerato per l’inutilizzabilità di una parte delle intercettazioni. I due sapevano che Neri era andato a discutere la faccenda con il boss di Villabate e che Ravesi era pronto a fare la stessa cosa. Poi spiegavano quali fossero i reali motivi di contrasto. A Ravesi l’ex amico Neri contestava l’atteggiamento superficiale: “Lui dice che da quando ha questa femmina… certo la femmina può cambiare un uomo”. Mentre Ravesi rimproverava a Neri le sue manie di protagonismo: “Quello dice che è stato tutto mio”.

Il primo a non credere che il motivo del risentimento di Ravesi fosse il mancato invito era lo stesso Neri. “Non c’entra niente”, diceva a Giovanni Ippolito, anche lui arrestato nel blitz. Piuttosto c’era stato un “cambio di fronte”: Ravesi aveva scelto nuovi alleati.

Anche la mediazione di Messicati Vitale, a giudicare da altre intercettazioni, non sarebbe andata in porto. Lo si capisce dalle parole pronunciate da una donna in contatto con il boss: “Mi, ma di quello non ne vuole sentire neanche l’odore … di treccina? E perché? Alessandro, proprio sono a morte non ne vuole sentire niente”. Treccina è il soprannome di Neri… mi ha detto che quello non ne vuole sentire manco l’odore, Alessandro… sono tutti e due… invece lui sì? magari lui un’apertura ce l’aveva…qualche piccola apertura.

Poi io gliel’ho detto a Cosimo, gli ho detto, mah? Dice, l’ho chiamato, non ne vuole sentire neanche l’odore”. Il tentativo di mediazione di Messicati Vitale, che la donna chiamava Cosimo per celarne l’identità, è dell’agosto scorso. Meno di due mesi dopo, l’8 ottobre, Messicati Vitale veniva di nuovo arrestato dopo la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Tornava in cella il boss che amava la bella vita e che i carabinieri del Nucleo investigativo avevano bloccato a Bali, dove si era rifugiato prima che venisse raggiunto dal primo ordine di arresto.

FONTE: LIVESICILIA – RICCARDO LO VERSO

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