E’ morto “Faccia da mostro” Uomo ombra tra le stragi a Palermo
Nicolò Giangreco
E’ morto stamani stroncato probabilmente da un malore Giovanni Aiello, l’ex poliziotto della Mobile di Palermo con passato nei servizi, conosciuto alle cronache come “Faccia da mostro” e al centro di alcune vicende controverse. L’uomo, che da anni viveva a Montauro, sulla costa ionica catanzarese, è deceduto tra i bagnanti mentre cercava di portare a riva la propria barca.
Dopo avere tirato su l’imbarcazione assieme ad altri bagnanti che lo hanno aiutato Aiello si è accasciato. Per salvarlo è stato utilizzato anche un defibrillatore, recuperato in una struttura balneare vicina, ma non c’è stato nulla da fare. Sul posto sono immediatamente intervenuti anche i sanitari del 118 che hanno potuto solo constatare il decesso di Aiello. La morte potrebbe essere stata causata da un infarto.
I pentiti lo chiamavano “faccia da mostro”, per quel volto sfigurato da una fucilata. Giovanni Aiello per anni – secondo i collaboratori di giustizia – si sarebbe aggirato come un’ombra nella Palermo delle stragi e degli omicidi eccellenti: dal fallito attentato dell’Addaura alla strage di via D’Amelio, fino all’omicidio del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie incinta.
L’ex poliziotto che sarebbe stato al centro di una ragnatela di mafia e apparati deviati dello Stato ha sempre negato ogni coinvolgimento. L’uomo, indagato da diverse procure e considerato personaggio chiave di tanti misteri siciliani anche se non è mai arrivato a processo, era un ex poliziotto in pensione, in congedo dal 1977.
A luglio scorso Giovanni Aiello è stato indagato anche dalla Procura di Reggio Calabria che ha coordinato l’inchiesta sui mandanti degli attentati ai danni dei carabinieri compiuti nel 1994 a Reggio Calabria, svelando la presunta complicità nella strategia terroristico-mafiosa di Cosa nostra e ‘ndrangheta. Aiello, che è entrato nelle indagini della Dda di Palermo più volte, ultima quella sull’omicidio mai risolto dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castellucci, nell’inchiesta reggina risponde di induzione a rendere dichiarazioni false all’autorità giudiziaria.
Nei giorni scorsi il suo nome – piu’ volte in passato entrato nelle indagini su casi irrisolti aperte dalla Procura di Palermo – era tornato alla ribalta per i suoi presunti rapporti con Bruno Contrada, nell’ambito di una inchiesta della Procura di Reggio Calabria che indaga su un patto stretto tra ‘ndrangheta e Cosa nostra, negli anni delle stragi, per destabilizzare lo Stato.
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