Il boss Giuseppe Falsone si converte:”Voglio l’assistenza religiosa”

Il boss, Giuseppe Falsone, detenuto nel carcere di Novara, in Piemonte, scrive all’amministrazione penitenziaria, chiedendo ” di intervenire affinchè sia rispettato il diritto del detenuto a professare il proprio credo religioso”.

Una vita trascorsa a ordinare omicidi e gestire traffici mafiosi. Giuseppe Falsone, 45 anni da compiere il 28 agosto, adesso racconta di essersi convertito. Il regime del 41 bis, il carcere duro, a cui è sottoposto da cinque anni, quando è scattata la cattura a Marsiglia che ha posto fine alla sua decennale latitanza, non gli consente però di incontrare il suo padre spirituale della chiesa Valdese.

L’ex numero due di Cosa Nostra siciliana, che in carcere ci resterà a vita per scontare ergastolo e varie condanne, non l’ha presa bene e ha inoltrato una formale protesta all’amministrazione penitenziaria con cui lamenta “una vergognosa violazione del diritto all’assistenza religiosa”. Il boss, detenuto nel carcere di Novara, ha preso carta e penna e ha scritto di suo pugno una lettera di tre pagine indirizzandola al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria del Piemonte. Falsone, da insospettabile giurista, elenca pure una serie di articoli della Costituzione nonchè una legge che regola l’assistenza religiosa negli istituti di pena.

L’iniziativa di Falsone di avviare un procedimento formale, nel quale potrà farsi assistere dal suo difensore Giovanni Castronovo, è stata anche sollecitata dal suo ministro di culto della Chiesa evangelica metodista. In una lettera, Jean Felix Kamba Nzolo, padre spirituale di Falsone, lamenta la presenza di un agente durante i precedenti colloqui avuti in carcere prima del presunto divieto e lo invita a rivolgersi alla giustizia ” per rivendicare quello che è un suo diritto”.

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