MAFIA – Il figlio del boss Provenzano «Mio padre visto da lontano»

«Sono abituato a fare visite (non colloqui perché non interagisce dal gennaio 2013) separato dal suo letto con un banco di scuola, ma non posso toccarlo. A Milano (San Paolo) non c’è il banco fra me e il letto, come all’ospedale di Parma: c’è il vetro del 41 bis». Comincia così la cronaca scritta da Angelo Provenzano di un «ordinario» colloquio col padre, il boss Bernardo, da anni al 41 bis. Il racconto dell’ultimo incontro col padre è stato pubblicato sul quotidiano «Il Garantista».
«Ti viene detto che, per portarlo lì, devono staccare la spina del materasso antidecubito: al mio buon cuore far durare la visita mensile anche meno dell’ora prevista», dice. Il colloquio risale al 12 giugno. Il boss, ormai totalmente incapace di intendere e di volere e di comunicare, è ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale San Paolo di Milano.
«Sono dietro il vetro e gli infermieri lo portano dall’altro lato della stanza. Entrano con lui due guardie del Gom: una a lato del letto, l’altra gli regge la cornetta del citofono – racconta Angelo – Lo chiamo tante volte, ma non riesco neppure ad attrarre il suo sguardo perché guarda il soffitto. Io sono osservato e, dopo un quarto d’ora di pugni battuti sul vetro nel tentativo di farmi guardare, sento di essere arrivato. Interrompo il colloquio, dico che va bene così».

Il figlio di Provenzano così prosegue il suo racconto: «Rientrano gli infermieri e lo portano via. Poi le guardie mi “liberano”, mi aprono la porta. Devo rimuovere, per adesso, tutto il turbinio di emozioni: devo parlare col medico. È un medico diverso da quello di Parma, ma la diagnosi e la prognosi non cambiano. Se lo portiamo fuori dall’ospedale può vivere 48 ore… Grazie. Abbiamo parlato di un essere vivente solo per tubi, macchine e terapie».
«Se è così incapace, come è, ho il dovere di tutelarlo. Vengo nominato dal giudice tutelare di Milano amministratore di sostegno dell’incapace. Era mio padre! », spiega il figlio di Provenzano «Le mie nuove funzioni (compresa la richiesta di cartella clinica) – conclude Angelo Provenzano – mi spiega il Gom presente, non potrò esercitarle se non con il consenso del ministero. Sono, credo, l’unico amministratore di sostegno “incapace”».
Attualmente i legali del boss hanno sollecitato sia la revoca del 41 bis che la sospensione dell’esecuzione della pena per il detenuto, proprio per le sue condizioni di salute. Sulle istanze i giudici non si sono ancora pronunciati. Anzi, proprio sull’istanza di revoca del carcere duro Il tribunale di sorveglianza di Roma ha rinviato al 3 ottobre prossimo la decisione.

In un’ordinanza, depositata oggi, i giudici fanno sapere che è necessario acquisire «informazioni più dettagliate e precise in ordine alla storia clinica e alle diagnosi relative alle patologie riscontrate a carico del Provenzano, con indicazione degli esami clinici e strumentali effettuati e relativi esiti, soprattutto in merito alle descritte patologie neurologiche».
«È una decisione pilatesca», ha commentato il difensore del boss Rosalba Di Gregorio che, insieme all’avvocato Maria Brucale, ha chiesto la revoca del 41 bis carcere duro ritenendolo ormai inutile visto che Provenzano non è più capace di intendere e volere e di comunicare.

 

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