MAFIA – Il pentito Leonardo Messina:”Andreotti era uomo d’onore”

E’ ripreso con la deposizione del pentito Leonardo Messina, ex uomo d’onore di Caltanissetta, il processo per la trattativa tra Stato e mafia, che si celebra davanti alla Corte d’assise di Palermo presieduta da Alfredo Montalto. L’ex boss di San Cataldo, decise di collaborare con il giudice Paolo Borsellino.

GIURAMENTO ALLA MAFIA. “Sono nato e cresciuto nell’ambiente di Cosa nostra, in particolare con gli uomini d’onore di Caltanissetta. Quando mi sono sposato nel 1978 abbiamo fatto con mia moglie un giuramento in chiesa, davanti a Dio, in cui abbiamo giurato di onorare la mafia tutta la vita”, afferma Messina.

Raccontando il suo passato da boss mafioso, Messina, che si è poi pentito con il giudice Paolo Borsellino, spiega: “Sono uomo d’onore che ha giurato due volte, la prima da uomo d’onore riservato con Luigi Cali’, successivamente c’è stata una guerra di mafia, mi hanno richiamato e ho dovuto giurare pubblicamente con la famiglia San Cataldo nel 1982”. “Dall’82 fino a quando ho collaborato con la giustizia ho rivestito degli incarichi in Cosa nostra a Cl. Nel 1985 fui nominato sotto capo”, dice ancora.

LA COLLABORAZIONE CON BORSELLINO. “Decisi di collaborare con il giudice Paolo Borsellino. All’inizio alcuni erano spaventati, non erano abituati ad avere un uomo a questi livelli. Sin dall’inizio Borsellino mi disse solo due parole: “A noi serve solo la verita’, non ci servono congetture”. Mi ascoltava per ore. Siamo stati insieme per parecchie ore. Cosa nostra e’ un lavoro a tempo pieno”.

ANDREOTTI UOMO D’ONORE. “C’era stato un momento in cui si disse che Andreotti era stato fatto uomo d’onore e che ci avrebbe garantito il buon andamento del maxiprocesso. Si diceva che Andreotti era uomo d’onore, che era ‘punciuto’ (affiliato formalmente, n.d.r)”, continua Messina. “Le indicazioni che ci arrivavano da Cosa nostra erano che il maxiprocesso ai boss mafiosi sarebbe finito in una bolla di sapone, non ci sarebbero state condanne e che tutto sarebbe stato buttato giù. Cosa nostra è un salotto molto importante, ha un potere economico, politico e punitivo”.

GARANZIE SUL MAXIPROCESSO.”Ci avevano detto che il maxiprocesso sarebbe stato affidato in Cassazione al giudice Corrado Carnevale e che avrebbe risolto – racconta ancora – Poi quando si seppe che il processo non sarebbe più stato assegnato a Carnevale, la nostra sicurezza era finita”. Dopo il maxiprocesso, Cosa nostra “si è cominciata a lamentare di Salvo Lima e di Giulio Andreotti”, dice il pentito di mafia, ex boss di San Cataldo. “Le recriminazioni dei boss erano soprattutto verso i vertici politici nazionali, perché non avevano mantenuto le loro promese – spiega Messina. Non erano più in grado di garantire nulla”.

ANCHE MARTELLI PRESE IMPEGNI CON COSA NOSTRA.”C’e’ stato un momento in cui in Sicilia la mafia scelse di votare per il Psi, io stesso ricevetti l’ordine di votare per i socialisti e Claudio Martelli si era preso con Cosa nostra degli impegni che poi, però, non ha mantenuto. Era persino andato a dire in tv che lui non sapeva nulla e che incontrava solo persone per bene, invece incontrava gente come Angelo Siino (ex uomo d’onore, oggi pentito ndr). Altro che persone per bene…”.

L’IDEA DI UCCIDERE BOSSI. “Ero con alcuni uomini d’onore, tra cui Borino Miccichè, quando mi venne detto chiaramente, tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992, che c’era una commissione nazionale che deliberava tutte le decisioni più importanti. Una commissione in cui sedevano i rappresentanti di altre organizzazioni criminali e il cui capo era Totò Riina. Un giorno c’era Umberto Bossi a Catania e io dissi a Borino Miccichè: ‘questo ce l’ha con i meridionali e gli dissi vado e l’ammazzo’. Mi disse di fermarmi: questo è solo un pupo. L’uomo forte della Lega è Miglio che è in mano ad Andreotti. Insomma, si sarebbe creata una Lega del Sud e la mafia si sarebbe fatta Stato”.

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