MAFIA – Processo “Maginot”: Carmelo Marotta respinge le accuse

Si è difeso respingendo il ruolo di fedelissimo del boss Giuseppe Falsone, l’imprenditore riberese Carmelo Marotta, unico imputato del processo Maginot, che ha scelto di essere giudicato con il rito ordinario. Accusato di avere favorito la latitanza del campobellese, Marotta ha risposto alle domande del pubblico ministero della Dda di Palermo, Giuseppe Fici. Sulle tante schede telefoniche sequestrate nel corso del blitz degli uomini della Squadra Mobile di Agrigento, il riberese ha spiegato che ne utilizzava solo due. Dalle altre ha aggiunto che non conosceva l’esistenza, in quanto ha sostenuto sarebbero state attivate a sua insaputa. Altri punti affrontati durante l’esame dell’imputato il contenuto delle sue pen drive e le domande su Mauro Capizzi e Mario Pino Schittone. Proprio nel covo di Marsiglia il giorno della cattura di Falsone, i poliziotti trovarono documenti di Schittone. Marotta ha detto che i due sono operai della sua ditta, mentre sui documenti ha risposto di non sapere  perchè fossero in quel posto. Con l’operazione Maginot, nella rete della polizia sono caduti i presunti fiancheggiatori di Giuseppe Falsone. Dalle indagini sarebbe emerso il ruolo di Carmelo Marotta, che secondo la Dda sarebbe stato il principale referente in Sicilia del campobellese. Sarebbe stato lui a gestire gli interessi dell’ex capo mafia durante gli anni trascorsi in Francia.

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