MAFIA – Quando la “Stidda” voleva uccidere “don Lillo” Lombardozzi

E’ sempre rimasto sulla breccia.
Cambiano i padrini ma lui è sempre rimasto al suo posto. Beffardo,
potente, onnipresente. Nonostante ripetuti arresti, ripetute condanne e
l’età che avanza.
Lillo Lombardozzi, “don Lillo” per tutti, è stato uomo per tutte le
stagioni. Ha attraversato i perigliosi mari delle guerre di mafia senza
subire contraccolpi. Sono caduti tutti i suoi boss, o per mano mafiosa
o per giustizia degli uomini, ma lui, immarcescibile, ha guadato tutte
le acque.
Peppe Settecasi, Carmelo Colletti, Nardo Caruana, Pietro
Marotta, Peppe Di Caro, Antonio Messina, Antonio Guarneri,
Falsone padre, di cui era compare, Pasquale Gramaglia, Gerlando
Messina, tutti uccisi. Totò Fragapane, Leonardo Fragapane,
Giuseppe e Gerlandino Messina, Giuseppe Falsone, Maurizio Di
Gati, Luigi Putrone, Salvatore Castronovo, Alfonso Falzone, tutti
arrestati.
Un personaggio storico, Lombardozzi, per le sue indubbie doti di
mediatore, per il suo sapere comandare senza essere il capo, per essere
uscito indenne da cruente e sanguinose guerre di mafia e dalle fisiologiche
elezioni di stampo mafioso. Eppure, per un momento, Cosa
nostra ha temuto per la sua vita. Al punto che è stata organizzata una
scorta armata per tutelarlo. Lo racconta molto bene il pentito
Maurizio Di Gati che di quella scorta fu componente che ebbe l’incarico di scortarlo.

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