No alla ricusazione , respinta la richiesta del Procuratore di Agrigento Patronaggio

Brutte notizie per Luigi Patronaggio, il procuratore di Agrigento divenuto famoso dapprima per avere incriminato l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini per la vicenda della nave Diciotti; e più recentemente perché la chat dell’inchiesta sul Csm hanno rivelato come la solidarietà espressa dai colleghi a Patronaggio avesse come principale movente e obiettivo la necessità di «attaccare Salvini»

Chi allora criticava il procuratore agrigentino venne così accusato dal Csm di voler insidiare la libertà della magistratura.

Ora però si scopre che lo stesso Patronaggio ha fatto ricorso nei mesi scorsi a uno dei pochi strumenti che la legge consente a un indagato per ribellarsi al magistrato che deve giudicarlo: la ricusazione, ovvero la richiesta della sua sostituzione quando ha dimostrato di avercela su con lui o di averlo già dichiarato colpevole anzitempo. Ma la Corte d’appello di Caltanissetta nei giorni scorsi gli ha dato torto su tutta la linea: il giudice sta facendo solo il suo mestiere, Patronaggio si rassegni.

Il procuratore di Agrigento infatti si trova indagato per abuso d’ufficio insieme ad un folto gruppo di colleghi in seguito alla denuncia di un avvocato siciliano, Giuseppe Arnone. Vicenda assai complicata e assai siciliana, ultimo scampolo di una valanga di denunce spiccate da Arnone contro magistrati di diverse procure, e che hanno portato solo negli ultimi due anni a aprire circa centocinquanta fascicoli. Arnone, ex comunista, poi ambientalista, poi grillino, ora non si sa, da Patronaggio venne messo in galera nel novembre 2016 con l’accusa di estorsione, poi sconfessata dal riesame e dalla Cassazione. Arnone disse che era una manovra dei poteri forti, con in testa l’ex ministro Alfano.

L’ennesima denuncia di Arnone viene però proposta anch’essa per l’archiviazione dalla Procura di Caltanissetta. Arnone prova ad opporsi, Patronaggio e gli altri cercano di impedirglielo. Il giudice preliminare David Salvucci, a sorpresa, gli dà ragione e mette mano al fascicolo, invitando il procuratore e i suoi coindagati di discolparsi. Non l’avesse mai fatto: Patronaggio lo ricusa accusandolo di avere prodotto una «ordinanza abnorme», sintomo di «un convincimento anticipato e arbitrario sulla esistenza di indizi di colpevolezza che ne minano l’indipendenza di giudizio e la terzietà». Risposta della Corte d’appello di Caltanissetta: non è vero niente.

fonte: IL GIORNALE

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