Operazione “Kaulonia”, i rapporti fra la famiglia di Pietraperzia e i Santapaola/Ercolano[NOMI ARRESTATI]

Questa mattina i Carabinieri del R.O.S. di Caltanissetta, in Enna e
provincia, nonché in altre zone del territorio nazionale, con il
supporto di militari del Comando Provinciale di Enna e dello Squadrone
Eliportato Cacciatori “Sicilia”, hanno dato esecuzione ad una ordinanza
di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il locale Tribunale, su
richiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta – Direzione
Distrettuale Antimafia, a carico di 21 persone, sei delle quali già
detenute per altri fatti.
Nel provvedimento, che colpisce gli appartenenti alla famiglia mafiosa
di Pietraperzia al cui vertice sono i fratelli Giovanni e Vincenzo
Monachino, agli indagati vengono contestati, a vario titolo, i reati di
associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio, estorsione, reati
concernenti le armi, rapina, furto, ricettazione e turbativa d’asta.
L’indagine, avviata alla fine del 2015, ha ricostruito la composizione,
i ruoli e gli affari della famiglia di Pietraperzia compagine che
all’interno di Cosa Nostra ha rivestito nel tempo un ruolo di sicuro
rilievo. Emblematico al riguardo quanto sancito nella misura cautelare
emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria nel luglio del 2017 a
carico FILIPPONE Antonio, FILIPPONE Rocco Santo (entrambi elementi di
vertice della cosca FILIPPONE, direttamente collegata alla ‘ndrina dei
PIROMALLI) e GRAVIANO Giuseppe in relazione alla strategia stragista di
“Cosa Nostra” dei primi anni ’90 alla quale diede il proprio contributo
anche la famiglia di Pietraperzia ed in special modo MONACHINO Giovanni.
In particolare, attraverso i riscontri alle dichiarazioni di
collaboratori di giustizia, era possibile accertare che non solo le
riunioni preparatorie delle stragi si tennero nel territorio di
“competenza” di questa consorteria ma che proprio MONACHINO Giovanni venne incaricato di garantire la “sicurezza” degli illustri ospiti
installando delle antenne per captare le conversazioni delle FF.PP. e,
data la sua caratura criminale, si occupò personalmente delle
“necessità” di Salvatore RIINA.
Il “rango” di famiglia egemone per la provincia emergeva in modo
inequivocabile nel febbraio del 2016 quando a Catania si svolgeva una
riunione alla quale presero parte i referenti di Cosa Nostra delle
diverse province della Sicilia e per Enna, in rappresentanza dei
fratelli MONACHINO all’epoca impossibilitati a parteciparvi,
presenziarono MAROTTA Giuseppe e CURATOLO Gaetano i quali in
quell’occasione manifestarono apertamente la “vicinanza” del loro gruppo alla famiglia Santapaola. Alleanza che trovava piena conferma
nell’attività d’indagine nel corso della quale erano documentati più
incontri tra i vertici delle due formazioni finalizzati ad accordarsi
riguardo al quatum dovuto da un imprenditore ennese impegnato nei lavori di posa di cavi di fibra ottica nella città etnea. Il prestigio
criminale della famiglia mafiosa di Pietraperzia era tale che in uno
occasione si è registrato nel territorio di detto centro un incontro cui
presero parte gli elementi di vertice del clan Santapaola recatisi
appositamente a Pietraperzia per incontrare i fratelli Monachini.
Il predominio dei pietrini nella provincia faceva riemergere storici
attriti con la formazione di Barrafranca capeggiata da Giuseppe SAITTA,
uomo d’onore e figlio di quel Salvatore SAITTA ucciso negli anni ’90 nel
corso di una faida che lo vedeva contrapporsi proprio alla famiglia di
Pietraperzia. Tali contrasti che sfociavano il 16.07.2017 nell’omicidio
di Filippo Giuseppe MARCHI’ (ucciso all’alba mentre lavava la propria
auto. Aveva 48 anni, era sposato e padre di due figlie e gestiva una
rivendita di auto usate in contrada Sitica a Barrafranca, soggetto
legato al citato SAITTA essendo stato autista e uomo di fiducia del
padre. Grazie all’ampio monitoraggio e all’approfondita analisi di più
dati era possibile ricostruire la fase di pianificazione dell’omicidio
avvenuta all’interno dell’ovile di DI CALOGERO Vincenzo, individuare i
soggetti che avevano compiuto il sopralluogo preliminare all’azione di
fuoco (CURATOLO Gaetano, DI DIO Angelo, BONFIRRARO Calogero) e
individuare i mandanti proprio nei fratelli MONACHINO.
La violenza e la spregiudicatezza sono i tratti caratteristici del clan
che nell’arco dell’intera indagine attraverso un gruppo di soggetti “a
disposizione” (DI CALOGERO Filippo, DI NATALE Gianfilippo, RUSSO Simone e DI MARCA Giuseppe) diretti da DI CALOGERO Salvatore Giuseppe, luogotenente dei fratelli MONACHINO, poneva in essere numerose efferate azioni dirette da una parte a riaffermare la presenza sul territorio del clan e dall’altra a reperire il denaro necessario a finanziarsi.
Indicativa la rapina perpetrata ai danni dai fratelli Stuppia da parte
di DI CALOGERO Filippo, di DI NATALE Gianfilippo e di RUSSO Simone i
quali per sottrarre ai due anziani poche centinaia di euro non esitavano
ad aggredirli a colpi di bastone non causandone la morte solo per pura
casualità.
DI CALOGERO Salvatore Giuseppe sempre su ordine dei MONACHINO si
occupava di fare dare alle fiamme l’abitazione del suocero del Sindaco
di Pietraperzia (azione di cui non sono emerse le motivazioni) e
asportare con il metodo della così detta “spaccata” la cassaforte del
supermercato “Fortè” colpo che garantiva un bottino di 15.000 euro.
Tale è il peso nella provincia dei fratelli MONACHINO che due loro
affiliati, residenti a Barrafranca, TRUBIA Giuseppe e TOMASELLO Mirko
Filippo, non esitavano a tentare un’estorsione ai danni di una ditta
edile impegnata nei lavori di ristrutturazione della chiesa di “San
Benedetto” di quel comune prima lasciando una bottiglia con all’interno
della benzina e qualche giorno dopo, per mandare un messaggio ancor più chiaro, due cartucce legate ad un lumino per defunti. L’estorsione non arrivava a compimento poiché l’imprenditore intimorito abbandonava il cantiere.
Nei mesi di ottobre e novembre 2018 era documentata una vicenda
oltremodo indicativa del radicamento della mentalità mafiosa sul
territorio e dell’ “autorità” riconosciuta ai fratelli MONACHINO i quali
venivano interessati da un soggetto loro vicino che, dopo avere subito
un furto e sporto regolare denuncia, gli si rivolgeva chiedendo di
scoprire l’autore e ottenere la restituzione della refurtiva. I due
svolta una rapida “inchiesta” e individuato il responsabile in DI NATALE
Gianfilippo gli “chiedevano” di riconsegnare il denaro ed i gioielli
sottratti, richiesta alla quale si rifiutava di aderire in “malo modo”.
Alchè i fratelli MONACHINO non potendo tollerare una simile offesa e con
l’intento di dare una chiara dimostrazione del loro “potere” al quale
nessuno poteva e doveva opporsi decretavano la sua uccisione dando
perentorie disposizioni a che l’azione fosse portata a compimento in
breve tempo. Solo l’arresto per reati concernenti gli stupefacenti
quanto mai provvidenziale salvava la vita a DI NATALE Gianfilippo.
L’ampio monitoraggio consentiva anche di seguire in diretta il tentativo
da parte di un associato, tuttora operativo nel nord Italia, CANNATA
Felice, di rientrare in possesso di beni pignorati e posti all’asta
attraverso un prestanome e con la complicità di dell’avvocato del foro
di Enna FASCETTO SIVILLO Lucia.
Le ordinanze applicative della custodia cautelare in carcere hanno
riguardato le posizioni processuali di:

  1. BONFIRRARO Calogero
  2. CANNATA Felice,
  3. CAPIZZI Vincenzo,
  4. CURATOLO Gaetano,
  5. DI CALOGRO Filippo Giuseppe
  6. DI CALOGERO Salvatore Giuseppe,
  7. DI CALOGERO Vincenzo.
  8. DI MARCA Giuseppe,
  9. DI NATALE Gianfilippo,
  10. DI DIO Angelo,
  11. DI DIO Antonino,
  12. MARINO Luca,
  13. MAROTTA Giuseppe,
  14. MONACHINO Giovanni,
  15. MONACHINO Vincenzo,
  16. RUSSO Simone,
  17. TOMASELLI ANTONIO,
  18. TOMASELLO Mirko Filippo,
  19. TRUBIA Giuseppe.
    Nei confronti di TIRRITO Mario è stata applicata la custodia agli
    arresti domiciliari per il delitto di assistenza agli associati mafiosi
    di cui all’art 418 c.p..
    Nei confronti di FASCETTO SIVILLO Lucia la misura interdittiva della
    sospensione dall’esercizio della professione forense.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha commentato la notizia: “Ogni
giorno decine di criminali vengono sbattuti in galera: c’è chi combatte
la malavita a parole e c’è chi fa i fatti”

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