PALERMO – Presidio NO TRIV venerdi davanti a Palazzo d’Orleans

In prima fila a manifestare sotto Palazzo D’Orleans ci saranno i sindaci delle più rinomate località turistiche siciliane, come Santa Marina Salina e San Vito Lo Capo, Pantelleria, Ustica, Favignana, Lampedusa e Milazzo. Un presidio, organizzato da Legambiente e Anci Sicilia per chiedere con  forza al governo Crocetta di contrastare l’art.38 dello Sblocca Italia, che autorizza le ricerche petrolifere in mare, impugnandolo davanti alla Corte Costituzionale come hanno già fatto altre Regioni, e di rivedere drasticamente la politica energetica regionale che, a oggi, prevede il rilancio delle trivelle a terra. Oltre ai sindaci, hanno aderito all’iniziativa anche Arci, Wwf, Marevivo, Greenpeace, Lega Pesca, Agci Pesca, le associazioni degli operatori balneari e la Commissione Ambiente e Territorio dell’Ars.

“Il futuro della Sicilia non può, e non deve, essere ipotecato per quattro barili di petrolio – ha detto Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente Sicilia -. Autorizzare le trivelle significa, non solo mettere in atto un modello di sviluppo totalmente contrario a quello vincente, che punta sulla tutela e valorizzazione economica del nostro patrimonio paesaggistico e culturale, ma vuol dire anche mettere a repentaglio l’ambiente con il rischio di gravi incidenti, come già avvenuto nel Golfo del Messico nel 2010. Turismo, pesca, bellezza dei territori: queste sono le carte vincenti per un nuovo modello di sviluppo sostenibile, che contribuisca significativamente a combattere i cambiamenti climatici che stanno producendo sempre più spesso nel nostro Paese distruzioni e morte”.

Il decreto “Sblocca Italia”, recentemente convertito in Legge dal nostro Parlamento, affronta alcune questioni strategiche per il nostro Paese riproponendo una visione vecchia, che non coglie le grandi sfide del XXI secolo e non individua criteri di utilità effettiva per il territorio e i cittadini. Le trivellazioni per la ricerca di idrocarburi previste dall’art.38 (Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali) che favoriscono di fatto una nuova colonizzazione del territorio e del mare italiano (dall’Adriatico allo Ionio, dal Canale di Sicilia fino al mare della Sardegna) da parte dell’industria petrolifera, marginalizzando, in modo incostituzionale a nostro modo di vedere, il ruolo delle Regioni e delle Province autonome.

Un provvedimento che rischia di tradursi in una nuova ondata di trivellazioni con irrilevanti benefici economici e sociali ed elevati pericoli ambientali, per cercare di estrarre petrolio di dubbia qualità che, agli attuali tassi di consumo, valutate le riserve certe a terra e a mare censite dal Ministero dello Sviluppo Economico, potrebbe coprire il fabbisogno nazionale per soli 13 mesi.

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