PALERMO – Solo un quarto della busta paga alla maestra, suora a giudizio per estorsione

Per insegnare nelle scuole della Congregazione delle suore collegine della Sacra Famiglia di via Evangelista di Blasi, le maestre dovevano accettare compensi da fame e firmare buste paga di importi quattro volte superiori. Era questo il compromesso, oppure, diceva una delle sorelle: “Se ci sono problematiche di questo genere, potete licenziarvi”. È andata così nell’istituto, secondo quanto ha denunciato una delle maestre che ha guadagnato per quasi dieci anni 300 euro al mese, ma firmava una busta paga di 1.200 euro. E anche le indagini della sezione della polizia giudiziaria della procura hanno appurato quello stato di cose. Il danno accumulato in questi anni dalla maestra che si è ribellata si aggirerebbe intorno ai 90 mila euro. 

Nei guai sono finite tre suore del Collegio di Maria al Borgo, una delle scuole elementari che dipende dalla sede di via Evangelista di Blasi: la madre superiora Angela Alaima, suor Stella, Carmela Oliva, suor Gemma, e la direttrice del collegio dell’Albergheria, Maria Alioto, suor Teresa. L’accusa per tutte e tre è di estorsione. La direttrice del collegio, Suor Teresa, che avrebbe avuto il colloquio con la maestra che ha presentato la denuncia, è già sotto processo davanti alla quinta sezione penale. Su richiesta dell’avvocato della parte offesa, Giuseppe Pipitone, è stata ammessa la responsabilità civile della Congregazione. La maestra si è costituita parte civile. Le altre due suore, la madre superiora e la sorella che si occupa della parte amministrativa del collegio, rischiano il processo. Dopo tre richieste di archiviazione avanzate da parte della procura, il giudice per le indagini preliminari Fernando Sestito ha disposto l’imputazione coatta delle due suore. L’udienza preliminare è stata fissata per il 3 febbraio.

Secondo il giudice, le suore hanno messo come condizione alla maestra, e anche a un’altra collega, sentita come testimone, di accettare il compenso di appena 310 euro a fronte di una busta paga con un importo ben più alto. “Ho accettato perché non avevo altra scelta — ha dichiarato la maestra — e dovevo maturare il punteggio per poter insegnare nella scuola pubblica”. Nel 2010 arriva per l’insegnante il licenziamento senza preavviso per la riduzione delle iscrizioni di alunni.

“La mia assistita ha deciso di sporgere denuncia dopo il licenziamento — dice l’avvocato Pipitone — anche perché è in quel momento che ha scoperto che il resto del suo stipendio finiva nelle tasche delle sorelle”. All’indomani del licenziamento fu dimezzato, secondo la denuncia della maestra, anche il compenso del trattamento di fine rapporto.
“Non è mia abitudine commentare i processi in corso — dice l’avvocato Nino Zanghì, che difende le tre suore — ma sono certo che alla fine sarà dimostrata l’estraneità delle persone interessate”.

FONTE: repubblica

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