PROCESSO VULTUR – Racket dei funerali, operaio conferma le accuse
Nicolò Giangreco
Si è svolta nell’aula bunker del carcere di Agrigento, e non come di solito in Tribunale, una udienza del processo scaturito dall’operazione antimafia denominata “Vultur”, operazione che al momento del blitz vide coinvolti e arrestati Calogero “Lillo” Di Caro, 69 anni, considerato il capo assoluto della mafia a Canicattì, Rosario Meli, 68 anni, di Camastra, detto “U puparu”, finito recentemente in carcere per detenzione e porto di armi; Vincenzo Meli, di anni 46; Calogero Piombo, 65 anni di Camastra e Angelo Prato, 38 anni (ai domiciliari) di Camastra. I soggetti sono accusati a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, tentata estorsione, detenzione illegale di armi comuni da sparo e da guerra, tra cui un mitra “Uzi”. Tra le accuse contestate ai Meli anche quella di aver chiesto denaro ad una agenzia di pompe funebri. E proprio un operaio della ditta di onoranze è stato sentito in aula, Gioacchino Verga, che ha raccontato di un episodio dove, a suo dire, Rosario Meli fermò il titolare della ditta, Vincenzo De Marco: “Seppi che gli aveva chiesto dei soldi per ogni funerale”. Ascoltato, sempre ieri, anche un altro teste, Domenico Casuccio, che è stato denunciato per falsa testimonianza per aver negato alcune circostanze della vicenda che aveva messo per iscritto.
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