REGIONE – Passa l’emendamento dei 5 stelle a picco la riforma delle Province

Un emendamento a firma M5s, passato col voto segreto (36 a favore e 22 contrari) dell’Assemblea siciliana, affossa la riforma delle Province. Governo e maggioranza vanno in tilt alla prima votazione, tutto rinviato probabilmente a maggio, dopo bilancio e legge di stabilità.

“Tutti a casa”, è il grido partito dai banchi delle opposizioni quando il presidente Giovanni Ardizzone comunicando l’esito del voto ha detto “La legge è finita”. Proprio i 5 stelle ieri, d’accordo il centrodestra, avevano chiesto il rinvio della trattazione della riforma per dare modo all’Ars di concentrarsi su bilancio e finanziaria ma la proposta, messa ai voti, non era passata. Che il percorso comunque fosse in salita era fino troppo evidente: il testo, 47 articoli, era stato caricato di 970 emendamenti, una buona parte a firma di esponenti della maggioranza.

Con l’emendamento dei 5 stelle è stato soppresso l’articolo 1 del ddl di riforma che prevedeva l’istituzione di 6 Liberi consorzi di comuni e tre città metropolitane di area vasta (Palermo, Catania e Messina); di fatto cade l’intera impalcatura del testo.

Proprio oggi scadono i mandati dei commissari delle ex Province, per colmare il vuoto di governance il governo a questo punto è costretto a presentare un ddl per la proroga dei commissari almeno fino al 31 maggio se non oltre.

L’aula è già stata convocata per domani a mezzogiorno con all’ordine del giorno la proroga. Dopo il voto che ha mandato in tilt governo e maggioranza, tra le cui fila si conta un buon numero di franchi tiratori, il segretario del Pd siciliano Fausto Raciti ha chiesto l’immediata convocazione di un vertice di maggioranza: “Il voto lascia un segno in questa legislatura, bisogna aprire una riflessione molto seria. A questo punto serve un vertice di maggioranza alla presenza del presidente Crocetta: ci si deve guardare negli occhi, ognuno si deve assumere le proprie responsabilità”.

Della riforma delle Province comunque si tornerà a parlare dopo bilancio e finanziaria (devono essere approvati entro il 30 aprile), altro scoglio per il governo Crocetta e per una maggioranza sempre più sfaldata.

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