SICILIA – Trivelle in mare: avanti il progetto “Off shore Ibleo”

Ricorso infondato. Può andare avanti il progetto “Off shore Ibleo”, con il completamento di sei pozzi di estrazione di gas nei campi Argo e Cassiopea e la perforazione di altri due denominati Centauro 1 e Gemini 1. Via libera ad Eni: può realizzare i suoi progetti di ricerca e trivellazione di nuovi pozzi nel Canale di Sicilia tra Licata, Gela e Ragusa. 

Lo ha stabilito la prima sezione del Tar del Lazio nella sentenza pubblicata ieri con cui ha respinto i ricorsi presentati da cinque associazioni ambientaliste, dall’Anci, dai Comuni di Ragusa, Santa Croce Camerina, Palma di Montechiaro, Licata, Scicli e Vittoria, da Legacoop Pesca Sicilia e da Touring Club Italia contro la presidenza del Consiglio dei ministri, i ministeri dell’Ambiente, dei Beni culturali e dello Sviluppo economico e il Comune di Gela. Quest’ultimo non aveva partecipato al ricorso insieme agli altri Comuni perché una fetta consistente del progetto “Off shore Ibleo” fa parte di quel protocollo d’intesa siglato il 6 novembre scorso al Ministero dello sviluppo economico grazie al quale Eni ha interrotto la raffinazione del petrolio a Gela puntando solo sulle perforazioni e le estrazioni di metano.

Dei 2,2 milioni di euro che Eni investirà sulla riconversione di Gela ben 1,8 sono destinati al settore delle trivellazioni. Il resto alla bioraffineria ed altre piccole iniziative.
Un progetto importante è la costruzione al largo di Gela di una nuova piattaforma denominata “Prezioso K” (un’iniziativa che sarà avviata già da questo mese) con relativa area a terra come infrastruttura di connessione con la rete di distribuzione.
Proprio il “Prezioso K” è stato contestato con il ricorso al Tar.

I legali dei ricorrenti hanno prima puntato sull’incompetenza del Tar del Lazio poiché le attività si svolgerebbero in territorio siciliano e la competenza sarebbe stata della Regione non del Ministero. Ma hanno insistito molto sull’aspetto ambientale. I progetti di esplorazione e trivellazione in mare di Eni andrebbero a danneggiare gravemente l’intero ecosistema della zona e la sua biodiversità marina, violando il principio di precauzione sancito a livello comunitario. I tecnici del ministero non avrebbero valutato correttamente sia il rischio di gravi incidenti durante le operazioni sia il danno causato a un corridoio fondamentale per specie protette.

Nell’area insistono zone sottoposte a vincoli Sic e Zps e aree protette. Sui progetti approvati dal ministero nel 2010 gli uffici regionali hanno espreso parere negativo. I giudici hanno respinto la richiesta di annullamento dei provvedimenti rilasciati dal ministero. Per il collegio, lo studio effettuato sui luoghi interessati ha escluso impatti significativi con gli habitat in riferimento alla funzionalità della Rete Natura 2000, comprensivi di flora e fauna, anche in riferimento al momento della sola cantierizzazione. Anche per i progetti offshore dagli studi effettuati non risulta la formazione di deviazioni dei percorsi migratori. La piattaforma “Prezioso K” e il relativo Export Plem si trovano all’esterno delle aree ricadenti nella Rete Natura 2000 e nell’Iba gelese. In generale gli studi presentati dai ricorrenti per contrastare i pareri positivi al progetto di Eni da parte del Ministero non sono suffragati da elementi oggettivi ed incontroveribili. Né si può arrivare alla conclusione che ai progetti Eni manchino idonee misure di prevenzione dei danni ambientali.

Il collegio ha anche stabilito che il Ministero dell’Ambiente ha rispettato tutte le procedure per arrivare ad autorizzare questi progetti. Insomma, tutto in regola secondo i giudici che hanno condannato i ricorrenti alle spese di giudizio.
Un verdetto molto atteso a Gela negli ambienti politico-sindacali perché la riconversione del sito industriale è legata a doppia mandata al progetto delle trivellazioni.
Ma anche da Eni che è pronta a dar via alla realizzazione della nuova piattaforma Prezioso K. Non la pensano allo stesso modo ambientalisti e tutti gli altri Comuni della fascia tra Licata e Ragusa che temono invece i danni ambientali di queste attività.

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