TRATTATIVA STATO-MAFIA :Brusca accusa Mancino: “Il papello era per lui”

“Il destinatario del papello era Nicola Mancino”. A ribadire che l’elenco con le richieste della mafia allo Stato fosse l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino é stato il pentito Giovanni Brusca interrogato a Rebibbia nell’ambito dell’udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia. Brusca e Mancino sono imputati, assieme a politici, boss ed ex ufficiali dell’Arma. Il collaboratore è accusato di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato, l’ex ministro di falsa testimonianza. Brusca ha datato la consegna del papello agli ufficiali del Ros tra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio.

Il pentito, inoltre, nega di aver ritrovato la memoria su particolari mai svelati prima per salvarsi dall’indagine per riciclaggio in cui è stato coinvolto nel 2010 e definisce il boss Totò Riina il suo “maestro d’arte”. Il collaboratore di giustizia, che nel 2010 venne accusato di avere occultato e reinvestito parte del suo tesoro sottratto agli inquirenti, sostiene di essersi deciso a dire tutta la verità dopo avere incontrato i familiari di alcune vittime della mafia.

Lima e Andreotti
“L’omicidio Lima dipese dall’esito del maxiprocesso. Riina voleva che Andreotti intervenisse sulla Cassazione per aggiustarlo e quando si capì che tutto era perduto si eliminò Lima per dare un segnale politico ad Andreotti”. Il pentito Giovanni Brusca torna a parlare dell’omicidio dell’eurodeputato Dc Salvo Lima deponendo all’udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia in corso nel bunker del carcere di Rebibbia. Il collaboratore di giustizia ha parlato della strategia stragista progettata dal boss Totò Riina e di delitti eccellenti come quello del proconsole andreottiano in Sicilia Salvo Lima. “Riina sosteneva – ha detto – che visto che si doveva eleggere il capo dello Stato l’omicidio Lima avrebbe indebolito Andreotti. Anzi, si discuteva anche di eliminare Sebastiano Purpura (ex deputato regionale della Dc)”. Il capomafia annunciò che era necessario distruggere Andreotti politicamente perché “non si era messo a disposizione”. Riferendosi alle politiche del ’92, poi, il pentito ha ricordato che ”non ci furono indicazioni di voto da parte della mafia, ma solo il diktat di distruggere la corrente andreottiana”.

Riina, Provenzano e le stragi
“Dopo l’arresto di Riina Provenzano non voleva continuare le stragi. Riina era più diretto, Provenzano tendeva a mediare”. Lo racconta il pentito Giovanni Brusca che sta deponendo all’udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia. Quando Brusca disse al boss Leoluca Bagarella delle titubanze di Provenzano a proseguire con le stragi, il capomafia gli avrebbe risposto: “digli di mettersi un cartello con scritto che con le stragi non c’entra”. Brusca ha anche riferito dei rapporti che l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino aveva con Riina e Provenzano. “Stretti”, con Provenzano, meno con Riina. “Riina – ha raccontato – diceva a Provenzano che si faceva infinocchiare da Ciancimino”.

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