Vaccino AstraZeneca, nuovi dubbi dagli Usa

E’ durata lo spazio di una notte, la buona notizia dei dati americani del vaccino di AstraZeneca. Ieri dagli Stati Uniti erano stati annunciati i buoni risultati del trial negli Usa: 79% di efficacia. Stamattina le autorità americane mettono in dubbio quei dati, frutto di “informazioni obsolete” secondo un comunicato del Niaid guidato da Anthony Fauci (il National Institute of Allergy and Infectious Diseases). “Il vaccino è probabilmente molto buono – ha detto Fauci in un’intervista alla Abc – ma il comunicato stampa diffuso dall’azienda non era del tutto accurato e potrebbe essere fuorviante”. I dati forniti da AstraZeneca risalgono a prima del 17 febbraio. Potrebbero non tenere conto della diffusione delle varianti del virus, causa probabilmente di un abbassamento dell’efficacia del vaccino.

“Vogliamo cifre più precise”

“Il Data and Safety Monitoring Board è preoccupato che AstraZeneca possa aver fornito una stima incompleta sui dati di efficacia” spiega il comunicato, riferendosi al comitato incaricato di esaminare i dati sui trial clinici forniti dalle case produttrici. “Esortiamo l’azienda a lavorare con il Board per valutare la qualità dei dati e assicurarsi che vengano rese pubbliche quanto prima le cifre più precise, più aggiornate e più chiare possibile”. Dall’azienda è arrivata la replica: “Stiamo analizzando la richiesta. Entro 48 ore forniremo tutti i dati richiesti”.

AstraZeneca si era detta pronta a chiedere l’autorizzazione alla Food and Drug Administration (Fda, l’ente regolatorio dei farmaci negli Usa) per l’autorizzazione del suo vaccino anche negli Usa. Ora arriva l’ennesimo intoppo per la casa farmaceutica anglo-svedese. In autunno, dopo un evento avverso su un volontario (un caso di mielite, una malattia neurologica), l’Europa aveva ripreso le sperimentazioni dopo una settimana, mentre gli Stati Uniti avevano riavviato le somministrazioni solo dopo sette settimane di analisi e controlli.

Mentre l’autorizzazione in Europa era arrivata il 29 gennaio sulla base soprattutto di un trial in Gran Bretagna con 20mila volontari, Washington aveva chiesto che l’azienda completasse la sperimentazione avviata sul suolo americano con 32mila volontari, prima di prendere in esame il vaccino. Ieri questi risultati erano arrivati. Ma non sono bastati a convincere le autorità americane.

Anche l’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, aveva avuto il suo da fare per mettere ordine tra i dati dei trial clinici di AstraZeneca. Una parte dei volontari aveva ricevuto una dose intera, altri mezza dose, a causa di un errore nella misurazione del principio attivo. Un approvvigionamento erratico aveva costretto poi gli sperimentatori a ritardare il richiamo, in alcuno casi fino a tre mesi dopo la prima dose. Negli Usa invece le seconde dosi sono state tutte inoculate dopo un mese. I problemi di produzione dell’azienda stanno causando inoltre il ritardo degli approvvigionamenti in Europa, alla base della disputa commerciale in corso con la Commissione Europea e della decisione del premier italiano Mario Draghi di bloccare l’export di 250mila dosi verso l’Australia.

La direttrice dell’Ema: “Altri studi sulla sicurezza”

Due settimane fa erano emersi i casi di una rara trombosi nelle persone vaccinate con AstraZeneca, che avevano portato allo stop precauzionale delle iniezioni nella maggior parte dei paesi europei. L’Agenzia europea per i medicinali Ema aveva raccomandato la ripresa delle vaccinazioni giovedì 18 marzo. Alcuni paesi dell’Europa del Nord ancora non hanno riavviato la campagna di inoculazioni.

A questo proposito, sempre all’Europarlamento, ha preso la parola la direttrice dell’Ema Emer Cooke: “La nostra farmacovigilanza si è accorta che c’è un gruppo limitato di eventi rari di tromboembolia in cui l’occorrenza sembra essere superiore. Eventi di questo tipo si riscontrano anche in alcuni pazienti che hanno o hanno avuto il Covid”. Cooke ha aggiunto: “Abbiamo bisogno di indagini aggiuntive”, anche “per verificare se possa esserci una correlazione per esempio con il fumo o con l’uso di contraccettivi orali, sull’impatto su donne incinte, immunodepressi”. “Queste ricerche sono in atto ma non posso ancora darvi indicazioni”.

FONTE: LA REPUBBLICA

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