Violenze e sommosse nelle carceri siciliane ecco chi è l’attentatore di Berlino

Intimidazioni, sopraffazione, promozione di disordini e sommosse: è lunga la lista dei comportamenti a rischio tenuti dal tunisino Anis Amri, ricercato per l’attentato a Berlino, mentre era dietro le sbarre nelle carceri italiane, e siciliane in particolare.

I suoi comportamenti violenti hanno reso necessario, tra l’altro, lo spostamento in diverse carceri siciliane per motivi di sicurezza: il carcere di Catania Piazza Lanza, quello di Enna Luigi Bodenza, quello di Sciacca, quello di Agrigento, il Pagliarelli di Palermo e da ultimo l’Ucciardone, sempre a Palermo.

ERA STATO SEGNALATO. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva segnalato al Comitato analisi strategica antiterrorismo comportamenti sospetti, notati durante i periodi della sua detenzione nelle carceri siciliane tra il 2011 e il 2015. Nell’informativa, redatta dal Dap, si segnalava un percorso con profili di “radicalizzazione” seguito da Amri in carcere e episodi in cui manifestava forme di adesione ideale al terrorismo di matrice islamica.

L’ARRIVO A LAMPEDUSA E L’INCENDIO. Arrivato nel 2011 a Lampedusa a bordo di uno dei tanti barconi salpati dall’Africa, Amri avrebbe avuto un ruolo nell’incendio doloso appiccato al cpa dell’isola. Arrestato il 23 ottobre del 2011 mentre si trovava nel centro d’accoglienza di Catania per danneggiamento, lesioni, minacce e appropriazione indebita, è stato condannato a 4 anni di reclusione.

Inizia allora il suo tour carcerario. Nel 2015 esce di prigione per espiazione pena e viene consegnato alla polizia e portato nel centro di Piano del Lago, a Caltanissetta, per la successiva espulsione dal territorio italiano. Qualcosa nelle procedure delle autorità tunisine per il riconoscimento, necessarie al rimpatrio, non va per il verso giusto e l’Italia deve lasciarlo andare.

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