Lo strappo di Venturino “L’M5S non ha strategia”

Lui la definisce una “provocazione”. In realtà è uno strappo vero e proprio. Che arriva dalla più alta carica istituzionale di “5 stelle” in Sicilia, la più importante fra quelle rivestite dai grillini in Italia. Antonio Venturino, vicepresidente dell’Assemblea regionale, va giù duro contro i vertici del movimento: “M5S non ha una strategia. E se ce l’ha, è davvero difficile da comprendere. All’indomani del successo elettorale del 25 febbraio, la gente si aspettava molto da noi. E invece siamo rimasti alla protesta. Invece di dialogare con il Pd, con il quale si poteva concordare un programma di riforme, abbiamo consentito a Berlusconi di rilanciarsi, di togliere di mezzo Bersani e dare le carte nel governo Letta. Non esattamente un successo”.

Venturino dice di avere riflettuto e di aver deciso di lanciare un messaggio di incoraggiamento “ai tanti che nel movimento non hanno il coraggio di parlare. Siamo ancora in tempo ad avviare un confronto col Pd, evitando almeno che Berlusconi mantenga il potere di staccare la spina, quando vuole, all’esecutivo e di condizionarlo dunque pesantemente”. Il vicepresidente dell’Ars è critico nei confronti dell’atteggiamento

dei grillini dopo l’elezione di Napolitano (“La presidenza della Repubblica è un’istituzione a garanzia di tutti”) e nei riguardi delle parole di Grillo sul 25 aprile: “Dire che è morto significa mancare di rispetto ai tanti che si sono sacrificati per la libertà”.

Venturino dice di non aver paura delle conseguenze del suo attacco: “Sono stati fatti troppi errori, in nome di una giusta avversione agli inciuci. Noi non siamo stati eletti per difenderci, giorno dopo giorno, dagli attacchi sul web che riguardano le indennità e i rimborsi spese. Siamo stati eletti per fare politica, anche mediazioni se è il caso. In Sicilia – dice Venturino – abbiamo ottenuto un grande risultato: un fondo per il microcredito. Ma era un’utopia pensare di rimpinguarlo con i soldi dei nostri stipendi: quando mai avremmo raggiunto quella cifra di un milione e mezzo che invece abbiamo ottenuto trattando con Crocetta?”  

Il vicepresidente dell’Ars va oltre: “Siamo entrati in un meccanismo – dice – per il quale dobbiamo difenderci e giustificare i rimborsi spese pur rinunciando ogni mese, come nel mio caso, al 55 per cento dello stipendio. Io ritengo che, con uno stipendio di 2.500 euro al mese, sia inibito l’espletamento del mandato parlamentare”.

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