Relazione D I A – “Nell’agrigentino Cosa Nostra e Stidda ben radicate”

È stata pubblicata  la relazione semestrale al Parlamento effettuata dalla Direzione Investigativa Antimafia. Nel documento, che fa riferimento al primo semestre del 2022, viene fotografato e analizzato lo “stato di salute” delle consorterie mafiose, gli interessi, i cambiamenti in corso da cui possono ipotizzarsi prospettive future. Nella parte che riguarda la provincia di Agrigento emerge l’ormai consolidata presenza sia di Cosa nostra che della Stidda. Quest’ultima organizzazione criminale è ben radicata nei territori di Bivona, Canicattì, Campobello di Licata, Camastra, Favara, Naro, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle e Racalmuto. Un dettaglio che la Direzione Investigativa Antimafia mette in risalto, inoltre, riguarda le scarcerazioni di personaggi di spessore del panorama mafioso e una sempre più cospicua “emigrazione criminale”. Tuttavia, talune indagini hanno messo in luce pericolose “frizioni” tra esponenti ai vertici di cosa nostra e alcuni stiddari attivi a Palma di Montechiaro sorte sul controllo e sulla gestione di attività illecite connesse con il mercato ortofrutticolo. Tali evenienze potrebbero, nel tempo, rimettere in discussione il tacito accordo di non belligeranza che contraddistingue da anni la “Valle dei Templi”. Il rischio di contrasti interni potrebbe scaturire anche dalla scarcerazione di boss e/o gregari, determinati a riappropriarsi del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione. In alcune articolazioni mafiose, infatti, si sono registrati nel tempo taluni dissidi che hanno determinato azioni violente come documentato dall’operazione “Mosaico” (2020), all’esito della quale la Polizia di Stato e la Polizia belga hanno tratto in arresto 8 persone per un tentato duplice omicidio eseguito, nel maggio 2017 a Favara. Cosa nostra agrigentina risulta tuttora articolata in 7 mandamenti (Agrigento, Burgio, del Belice, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì e Palma di Montechiaro) nel cui ambito opererebbero 42 famiglie. Negli ultimi anni si assiste ad un singolare fenomeno, quello della emigrazione criminale, basato sulla propensione della mafia agrigentina a trasferire i propri interessi illeciti al di fuori dei tradizionali confini di competenza. Le molteplici attività investigative concluse nella provincia di Agrigento nei confronti di cosa nostra e stidda fanno emergere il consueto e tradizionale ricorso alle estorsioni, accompagnate dalle ormai note forme di intimidazione, che rappresentano una fonte primaria di sostentamento delle famiglie mafiose e un importante strumento di controllo del territorio. Un’altra redditizia attività illecita è costituita dal traffico di sostanze di stupefacenti,

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