MAFIA – Processo all’ex ministro Romano, chiesti 8 anni

Il pm Nino Di Matteo ha chiesto la condanna a otto anni di carcere per l’ex ministro dell’Agricoltura Saverio Romano per concorso in associazione mafiosa. Il processo si svolge con il rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare di Palermo Fernando Sestito.

Il processo si è aperto dopo due richieste di archiviazione e un’imputazione ordinata dal Gip Giuliano Castiglia. Sono soprattutto i collaboratori di giustizia a chiamare in causa il parlamentare, descrivendolo come un politico a disposizione della cosche mafiose.

Saverio Romano e Salvatore Cuffaro, e le loro “carriere politiche parallele all’insegna di una comune clientela mafiosa”, sono state al centro della requisitoria di Di Matteo. Per il magistrato non è possibile comprendere la vicenda Romano se non si analizza alla luce del contesto comune con quella dell’ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro condannato per favoreggiamento aggravato alla mafia a 7 anni di carcere.

Un’impostazione, quella della procura, che spinge il pm a partire da lontano: da quando nel ’91 Saverio Romano e Salvatore Cuffaro andarono a chiedere i voti per le elezioni ad Angelo Siino, l’uomo che ha gestito gli appalti, per anni, per conto di cosa nostra. Ma per il pm l’anno centrale nella carriera dei due politici è il 2001: anno in cui Cuffaro viene eletto governatore e Romano deputato.

“È l’anno – spiega Di Matteo – in cui Romano deve onorare le cambiali staccate quando da giovane corteggiava e blandiva i boss per acquisire spazio ed esercitare potere”. Le “cambiali” sottoscritte con Cosa nostra Romano le avrebbe pagate a partire dal 2001.

Due gli episodi di cui il pm parla: la candidatura alle regionali del 2001 di Mimmo Miceli, “uomo” del boss Guttadauro poi condannato per mafia, e quella di Giuseppe Acanto, sponsorizzato, secondo l’accusa, dal clan di Villabate.

Entrambe le candidature sarebbero state sostenute da Romano. Di Matteo ha parlato poi a lungo delle accuse rivolte a Romano dal collaboratore di giustizia Francesco Campanella che ha riferito di avere saputo dal capomafia Nino Mandalà che l’ex ministro “era a disposizione della ‘famiglia’ di Belmonte Mezzagno”.

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