Ucciso per rivelazioni su Provenzano

A 17 anni di distanza la squadra mobile di Catania ha fatto luce sull’omicidio di Luigi Ilardo, cugino del boss Giuseppe ‘Piddù Madonia, ucciso il 10 maggio del 1996 a Catania, che secondo quanto accertato, maturò all’interno di Cosa Nostra perchè si era ingenerata la convinzione che Ilardo fosse un confidente di polizia. Il 2 maggio del 1996, pochi giorni prima di essere ucciso, Ilardo aveva manifestato ai magistrati di Catania e Caltanissetta la sua disponibilità a collaborare con la giustizia. Ad ordinare l’omicidio sarebbe stato Giuseppe Madonia, 67 anni, raggiunto dall’ordinanza, richiesta dalla Dda, nel carcere dell’Aquila, dove è detenuto al regime di 41 bis. Maurizio Zuccaro, di 52, ritenuto l’organizzatore, è detenuto nel carcere di Opera. 

Orazio Benedetto Cocimano, di 49, che sarebbe stato l’esecutore materiale, nel carcere di Frosinone. All’omicidio avrebbero anche preso parte Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida, questi ultimi deceduti. Tra le fila del clan Santapaola l’ordine fu impartito dai vertici del clan all’epoca detenuti in carcere. I particolari sull’operazione sono stati resi noti durante un incontro con i giornalisti al quale hanno preso parte, tra gli altri, il procuratore della Repubblica Giovanni Salvi e il sostituto procuratore Pasquale Pacifico.

Le dichiarazioni che hanno consentito la svolta nelle indagini sono state quelle del collaboratore di giustizia Santo La Causa, che partecipò alla fase organizzativa, e di altri collaboratori, tra cui Natale Di Raimondo, Giacomo Cosenza, Calogero Pulci, Ciro Vara, Carmelo Barbieri, Giovanni Brusca e Antonino Giuffrè. Oltre agli indagati avrebbe dovuto rispondere dell’omicidio Vincenzo Santapaola, figlio di Salvatore, ritenuto colui che avrebbe ‘transitatò l’ordine dalla famiglia Madonia al clan Santapaola ma il gip ha ritenuto insufficiente il quadro indiziario, confermando però il quadro complessivo; la Procura e ha presentato appello. A parlare agli investigatori dell’omicidio era stato, nel 2010, il collaboratore di giustizia Eugenio Salvatore Sturiale, il quale assistette casualmente ad alcuni appostamenti nei pressi della sua abitazione – era vicino di casa di Ilardo – e anche all’agguato.

Inizialmente negli ambienti mafiosi non fu rivelata l’attività di confidente dei Ilardo, diffondendo invece la voce che l’uomo era coinvolto nell’omicidio dell’ avvocato Famà e che si era appropriato di denaro provenienti dall’estorsione alle acciaierie Megara. La fase esecutiva dell’ omicidio subì un’improvvisa accelerazione nella prima decade di maggio, tanto che non si attese nemmeno il consenso di Provenzano, in coincidenza con la manifestata disponibilità di Ilardo a collaborare. Per la Procura etnea ciò non può non far sorgere il fondato sospetto che all’interno dell’organizzazione mafiosa si era venuti a conoscenza, attraverso canali che non è stato possibile ricostruire, dell’intenzione di Ilardo di diventare collaboratore di giustizia.

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