AGRIGENTO – Morte Chiara La Mendola, sentenza dopo 2 anni mai depositata: rischio prescrizione

Chiara La Mendola, una bella ragazza di 23 anni, morì il 30 dicembre del 2013 a bordo del suo scooter per una buca piena d’acqua profonda 12/ 13 centimetri mai riparata, in viale Cavaleri Magazzeni, ad Agrigento, Finisce sotto un auto che arriva dalla corsia opposta. Chiara morì sul colpo , forse, senza nemmeno accorgersene. Condannati in Appello un dirigente e un funzionario del Comune, ma la sentenza dopo due anni non è mai stata depositata. Nessun risarcimento e si rischia ora la prescrizione. Il papà Lillo e il fratello Marco chiedono giustizia in memoria di Chiara.

Una sentenza che non arriva mai, e che rischia di finire dunque in prescrizione, la morte di Chiara ha distrutto le vite di una intera famiglia. “Avevamo una figlia meravigliosa, una stella luminosa piena di amore dice il padre Lillo , molto conosciuto in città soprattutto per il suo passato di operatore di ripresa. Da quel momento, da quel maleddetto 30 dicembre 2013, per la famiglia La Mendola inizia l’incubo. Quella buca mortale che era li, da almeno un anno , secondo i Giudici andava coperta, quanto meno segnalata. Il verdetto, che confermava quello emesso il 12 luglio del 2018 dal tribunale di Agrigento, è stato emesso dai giudici della seconda sezione della Corte di appello di Palermo il 19 aprile del 2021. Un anno di reclusione, per l’accusa di omicidio colposo, è la pena inflitta al dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Agrigento Giuseppe Principato e al responsabile del servizio di viabilità Gaspare Triassi.Non sono state, però, depositate le motivazioni, con la conseguenza che non è stato possibile ricorrere in Cassazione.

«Questo inammissibile ritardo del giudice Alfonsa Ferraro, incaricata di redigere la sentenza, nel depositare tale sentenza – scrivono i familiari di Chiara in una lettera firmata anche dal loro legale, Daniela Principato, e indirizzata al presidente di sezione della Corte di appello, Antonio Napoli – si colloca in stridente, violento e oltraggioso contrasto con le leggi dello Stato Italiano, oltre che con sentimenti e diritti di noi congiunti della povera Chiara». I genitori e un fratello di Chiara La Mendola,si dicono pronti a incatenarsi davanti alla Corte di appello e rivolgersi al ministro dell’Interno, Carlo Nordio.

La cosa più assurda di questa storia è che dopo due anni la sentenza non è stata depositata , in un paese in cui la Giustizia funziona questo solitamente avviene entro 90 giorni. Un ritardo che rischia di far scattare la prescrizione ma anche rallentare il processo civile e il risarcimento dei danni per la famiglia.

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