CATANIA – Sequestro da 23 milioni di euro a Vincenzo Ercolano

I del e quelli del di Catania hanno eseguito un provvedimento di di beni nei confronti di Vincenzo fratello dell’ergastolano Aldo, tratto in arresto dal nell’ambito dell’indagine Caronte poiché accusato di “essere partecipe nella famiglia di Cosa Nostra catanese – Ercolano” e di essersi servito di tale particolare posizione “per condizionare il regolare andamento del libero mercato, prevalentemente dei trasporti su gomma”.

Il provvedimento emesso, si fonda sulle emergenze investigative provenienti da attività investigative concluse nell’indagine Caronte, è sorretto anche dagli esiti dell’indagine Iblis, svolta dalla Sezione Anticrimine di Catania nei confronti delle famiglie di Catania, e Caltagirone, che ha permesso di raccogliere decisivi elementi probatori sull’evoluzione di Cosa Nostra.

Le indagini effettuate nell’ambito dell’inchiesta Caronte, avrebbe confermato “la particolare vocazione imprenditoriale della famiglia di Cosa Nostra catanese e consentito di individuare con precisione alcuni dei settori all’interno dei quali essa si è infiltrata”. Le indagini avrebbero consentito “di individuare il settore del trasporto quale settore di speciale interesse per Cosa Nostra che, in tale ambito e nel perseguimento di tali fini, si è anche resa protagonista di una serie di alleanze a livello regionale che hanno visto protagonisti esponenti della famiglia mafiosa di Catania esoggetti legati a Cosa Nostra palermitana ed agrigentina”.

Secondo gli , è stato possibile cogliere e meglio delineare il complesso degli interessi e le conseguenti cointeressenze tra imprenditoria e nel settore dei trasporti e, ancor di più, della logistica, “dove Cosa Nostra ha esplicato la propria attività manifestandosi nella tendenziale monopolizzazione del mercato mediante il procacciamento dei clienti grazie alla spendita, implicita o esplicita, del nome dell’organizzazione mafiosa – scrivono  carabinieri – e nella costituzione di ampi consorzi funzionali al controllo del mercato ed all’accentramento delle attività dirette alla percezione degli ecobonus, risultata essere fonte di guadagno dell’ investigata”.

In questo contesto “veniva inquadrata –  scrivono gli investigatori – anche l’operazione compiuta da Cosa Nostra catanese, attraverso la Servizi Autostrade del Mare”, società in cui, secondo l’accusa, “avevano occulti interessi Vincenzo Ercolano e Vincenzo Aiello, che aveva stipulato con la società Amadeus S.p.A. riconducibile a Amedeo Matacena un contratto di affitto di tre navi, per un costo complessivo pari a 120mila euro al mese, da utilizzare come vettori per i collegamenti tra la Sicilia e la Calabria”. L’attività di traghettamento si protrasse per circa 90 giorni con ottimi risultati nei mesi a cavallo tra gli anni 2005 e 2006, fino a quando – per ragioni legate a scelte effettuate da altra società estranea alle indagini – si interruppe improvvisamente la navigazione con consistenti danni per la Servizi Autostrade del Mare.

In tale ambito ha quindi operato Vincenzo Ercolano, titolare, al pari del padre Giuseppe, di imprese di trasporti di considerevoli dimensioni, “che per implementare i propri affari –  scrivono gli investigatori – ha utilizzato non solo la forza di intimidazione derivante dalla sua appartenenza anagrafica ad una delle famiglie che da decenni costituiscono la famiglia catanese di Cosa Nostra ma anche i poteri e le facoltà connaturate alla sua effettiva appartenenza a quest’ultima famiglia”.

Secondo i carabinieri del Ros e della Dda, Ercolano, inoltre, per aggirare gli effetti di un precedente provvedimento di sequestro emesso nei confronti del padre, “ha costituito una nuova società (R.C.L.) che, attiva sempre nel settore dei trasporti, veniva intestata fittiziamente a terzi e stava di fatto subentrando nei rapporti commerciali che erano invece prima gestiti dalla Geotrans”. Il valore dei beni oggetto di sequestro, che comprendono 6 imprese e relativi beni strumentali, è stato quantificato in circa 23 milioni di euro.

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