Messa di Natale, il Papa: «Nostro impegno per sobrietà e giustizia»

«Da questo Bambino, che porta impressi nel suo volto i tratti della bontà, della misericordia e dell’amore di Dio Padre, scaturisce per tutti noi suoi discepoli, come insegna l’apostolo Paolo, l’impegno a “rinnegare l’empietà” e la ricchezza del mondo, per vivere “con sobrietà, con giustizia e con pietà”». Nella messa della notte di Natale, Francesco cita la seconda lettera a Tito come un richiamo a quel «tornare all’essenziale» del quale aveva parlato nel discorso alla Curia.

La processione nella Basilica di San Pietro, il canto della Kalenda, il Bambinello deposto nel presepe. E il Papa che nell’omelia alza lo sguardo e sillaba: «In una società spesso ebbra di consumo e di piacere, di abbondanza e lusso, di apparenza e narcisismo, Lui ci chiama a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale».

«Da questo Bambino, che porta impressi nel suo volto i tratti della bontà, della misericordia e dell’amore di Dio Padre, scaturisce per tutti noi suoi discepoli, come insegna l’apostolo Paolo, l’impegno a “rinnegare l’empietà” e la ricchezza del mondo, per vivere “con sobrietà, con giustizia e con pietà”». Nella messa della notte di Natale, Francesco cita la seconda lettera a Tito come un richiamo a quel «tornare all’essenziale» del quale aveva parlato nel discorso alla Curia.

La processione nella Basilica di San Pietro, il canto della Kalenda, il Bambinello deposto nel presepe. E il Papa che nell’omelia alza lo sguardo e sillaba: «In una società spesso ebbra di consumo e di piacere, di abbondanza e lusso, di apparenza e narcisismo, Lui ci chiama a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale».

Celebrare il Natale significa insomma ripartire da quell’evento. «Oggi il Figlio di Dio è nato: tutto cambia», mormora Francesco: «Il Salvatore del mondo viene a farsi partecipe della nostra natura umana, non siamo più soli e abbandonati. La Vergine ci offre il suo Figlio come principio di vita nuova. La luce vera viene a rischiarare la nostra esistenza, spesso rinchiusa nell’ombra del peccato. Oggi scopriamo nuovamente chi siamo! In questa notte ci viene reso manifesto il cammino da percorrere per raggiungere la meta. Ora, deve cessare ogni paura e spavento, perché la luce ci indica la strada verso Betlemme». C’è sempre la missione, al centro del pensieri di Francesco: «Non possiamo rimanere inerti. Non ci è lecito restare fermi. Dobbiamo andare a vedere il nostro Salvatore deposto in una mangiatoia. Ecco il motivo della gioia e della letizia: questo Bambino è “nato per noi”, è “dato a noi”, come annuncia Isaia. A un popolo che da duemila anni percorre tutte le strade del mondo per rendere partecipe ogni uomo di questa gioia, viene affidata la missione di far conoscere il Principe della pace e diventare suo efficace strumento in mezzo alle nazioni». Davanti alla nascita di Cristo «restiamo in silenzio e lasciamo che sia quel Bambino a parlare, imprimiamo nel nostro cuore le sue parole senza distogliere lo sguardo dal suo volto», prosegue il Papa: «Se lo prendiamo tra le nostre braccia e ci lasciamo abbracciare da Lui, ci porterà la pace del cuore che non avrà mai fine. Questo Bambino ci insegna che cosa è veramente essenziale nella nostra vita. Nasce nella povertà del mondo, perché per Lui e la sua famiglia non c’è posto in albergo. Trova riparo e sostegno in una stalla ed è deposto in una mangiatoia per animali. Eppure, da questo nulla, emerge la luce della gloria di Dio. A partire da qui, per gli uomini dal cuore semplice inizia la via della vera liberazione e del riscatto perenne».

Celebrare il Natale significa insomma ripartire da quell’evento. «Oggi il Figlio di Dio è nato: tutto cambia», mormora Francesco: «Il Salvatore del mondo viene a farsi partecipe della nostra natura umana, non siamo più soli e abbandonati. La Vergine ci offre il suo Figlio come principio di vita nuova. La luce vera viene a rischiarare la nostra esistenza, spesso rinchiusa nell’ombra del peccato. Oggi scopriamo nuovamente chi siamo! In questa notte ci viene reso manifesto il cammino da percorrere per raggiungere la meta. Ora, deve cessare ogni paura e spavento, perché la luce ci indica la strada verso Betlemme». C’è sempre la missione, al centro del pensieri di Francesco: «Non possiamo rimanere inerti. Non ci è lecito restare fermi. Dobbiamo andare a vedere il nostro Salvatore deposto in una mangiatoia. Ecco il motivo della gioia e della letizia: questo Bambino è “nato per noi”, è “dato a noi”, come annuncia Isaia. A un popolo che da duemila anni percorre tutte le strade del mondo per rendere partecipe ogni uomo di questa gioia, viene affidata la missione di far conoscere il Principe della pace e diventare suo efficace strumento in mezzo alle nazioni». Davanti alla nascita di Cristo «restiamo in silenzio e lasciamo che sia quel Bambino a parlare, imprimiamo nel nostro cuore le sue parole senza distogliere lo sguardo dal suo volto», prosegue il Papa: «Se lo prendiamo tra le nostre braccia e ci lasciamo abbracciare da Lui, ci porterà la pace del cuore che non avrà mai fine. Questo Bambino ci insegna che cosa è veramente essenziale nella nostra vita. Nasce nella povertà del mondo, perché per Lui e la sua famiglia non c’è posto in albergo. Trova riparo e sostegno in una stalla ed è deposto in una mangiatoia per animali. Eppure, da questo nulla, emerge la luce della gloria di Dio. A partire da qui, per gli uomini dal cuore semplice inizia la via della vera liberazione e del riscatto perenne».

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