Operazione antimafia “Condor”: le ricostruzioni del pentito Quaranta

Nelle pagine dell’ordinanza “Condor” firmata dal Gip del Tribunale di Palermo, Filippo Serio, vengono ricostruiti, attraverso il collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta di Favara, i rapporti fra i palmesi Nicola Ribisi e Antonio Chiazza (inteso Tonino) che è stato arrestato nel blitz “Xydi”. Quaranta, nel verbale di interrogatorio reso il 16 marzo 2019, ha riferito che è stato lui ad ottenere dal capo mandamento di Canicattì, Calogero Lillo Di Caro, che il presunto Stiddaro, Tonino Chiazza pur non essendo uomo d’onore, venisse rispettato dagli altri associati a Cosa Nostra.

“Nicola Ribisi, forte dell’autorevolezza di cui gode all’interno della consorteria mafiosa, ottenne dal capo mandamento di Canicattì, Calogero Di Caro, l’autorizzazione al trasferimento di Antonino Chiazza all’epoca a disposizione dello stesso Ribisi”.

“Tonino Chiazza mi raccontava personalmente che ci siamo incontrati in un bar di Favara che lui è a disposizione con la vita di Nicola Ribisi, in qualsiasi momento lo chiama, lui corre. Nicola Ribisi ha mandato a dire a uomini di Cosa nostra, ma non mi ha detto il nome di chi erano, ma lo posso immaginare a chi lo ha detto … che Tonino Chiazza è un fratello di Nicola Ribisi, lo devono rispettare come tale, e lui ha gravato tanto questa raccomandazione di Cosa Nostra di Canicattì”.

Ulteriore conferma della partecipazione del Ribisi, in epoca successiva alla sua scarcerazione, a numerose riunioni con il capo del mandamento di Canicattì, Lillo Di Caro, per la trattazione della posizione del Chiazza all’interno dello scacchiere mafioso di Canicattì, emergeva dal colloquio captato il 10 luglio del 2020. “A chi mi hai portato dentro?” avrebbe chiesto Lillo Di Caro, al boss di Palma di Montechiaro Nicola Ribisi. Il riferimento è ad Antonino Chiazza.

Le operazioni “Xydi” e “Condor”, eseguite a distanza di un anno l’una dall’altra dai carabinieri del Comando provinciale di Agrigento e dai loro colleghi del Ros, fotografano i rapporti tra le cosche, talvolta caratterizzati anche da frizioni, tra Cosa nostra e Stidda. Come quella avvenuta appunto in occasione del trasferimento di Chiazza a Canicattì soltanto dopo il benestare di Di Caro.

Una presenza che non sempre sarebbe stata “gradita”, soprattutto alla luce di una costante spregiudicatezza di Chiazza nel territorio di Canicattì e nel campo delle sensalie. Così, secondo quanto emerso dalle indagini, Di Caro avrebbe “richiamato” nuovamente Ribisi: “Scenditene in paese e vai a risolverti le cose vicino la tua casa..per le cose di Canicattì me la vedo io.. per i paesani miei”. Il racconto di quanto avvenuto emerge da una intercettazione, effettuata nello studio dell’avvocato Porcello, tra lo stesso Chiazza e Buggea.

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