E’ morto Matteo Messina Denaro: appena 9 mesi dopo la sua cattura

Matteo Messina Denaro è morto stanotte, 25 settembre, all’ospedale de L’Aquila, dove era ricoverato mentre scontava l’ergastolo al 41 bis nel carcere de Le Costarelle. Il boss di Cosa Nostra era affetto da un tumore al colon. L’ultimo dei Corleonesi a piede libero era stato arrestato il 16 gennaio 2023 a Palermo davanti alla clinica La Maddalena, dove si stava sottoponendo a chemioterapia. Esattamente trent’anni e un giorno prima nella stessa città era stato catturato Totò Riina. L’arresto del Capo dei Capi chiudeva un’epoca della mafia: quella della sfida allo Stato con le stragi di Chinnici, Falcone e Borsellino. Venerdì 19 settembre era stato dichiarato in coma irreversibile. I medici, sulla base delle indicazioni date dal paziente, che nel testamento biologico ha rifiutato espressamente l’accanimento terapeutico, nei giorni scorsi gli hanno interrotto l’alimentazione.

Prima di perdere coscienza ha incontrato alcuni familiari e dato il cognome alla figlia Lorenza, avuta in latitanza e mai riconosciuta. La ragazza, insieme a una delle sorelle del capomafia e alla nipote Lorenza Guttadauro, che è anche il difensore del boss, è stata al suo capezzale negli ultimi giorni. 

La cattura di ‘U Siccu ha chiuso i conti con la banda dei Corleonesi e con la loro strategia residua: quella del terrorismo e dell’attacco al cuore delle istituzioni. Secondo alcune indiscrezioni Messina Denaro ha chiesto di non essere rianimato in caso di necessità. Negli otto mesi scarsi in cui è stato in carcere non ha mai voluto collaborare con i magistrati per fare luce sulla stagione delle stragi di mafia. Il padrino di Castelvetrano si è portato tutti i segreti con sé. Come aveva fatto suo padre, Don Ciccio, morto in latitanza e catturato «soltanto da morto», come disse la sua vedova nel giorno del suo funerale il 3 dicembre del 1998. E come hanno fatto gli irriducibili Corleonesi, da ‘U Curtu a Binnu ‘U Tratturi.

Matteo Messina Denaro nasce a Castelvetrano il 26 aprile del 1962. È il secondo figlio maschio di Francesco Messina Denaro, ufficialmente campiere nei terreni della famiglia D’Alì, la proprietà più grande di tutta la Sicilia. In realtà capo di Cosa Nostra nel paese e poi in tutta la provincia per volere di Totò Riina. Don Ciccio è l’uomo di fiducia di ‘U Curtu a Trapani. E la Belva tiene anche suo figlio tra le ginocchia, quando le Famiglie si incontrano per gli auguri di Natale. ll padre gli insegna a sparare a 14 anni. Quando non ne ha compiuti nemmeno 18 si ritira da scuola. Perché nel frattempo ha vissuto il battesimo del fuoco per un mafioso: ha commesso il suo primo omicidio. Lo racconta un altro pentito, Giuseppe Ferro. Nell’occasione, ricorda, lui aveva paura ma c’era suo padre.

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