EMERGENZA CORONAVIRUS – In Italia un mese di lockdown senza soldi

Inutile girarci intorno. Il dato che rivela la verità dell’annuncio – tradotto in una raffica caotica di decreti, circolari, direttive e regolamenti – è uno solo: i soldi. Quelli di marzo. Il governo li ha stanziati, ma gli italiani li aspettano ancora. Arriveranno non prima del 15-20 aprile. E neppure tutti. Eccolo il cortocircuito che si è generato tra la lenta catena di comando e i tempi dell’emergenza che non ammettono incertezze: un ritardo fino a tre settimane. Ma alla già consistente attesa va sommato il peso del lockdown. Perché non solo i soldi non sono arrivati, ma è un mese che le fabbriche e i negozi sono chiusi e che milioni di lavoratori sono in cassa integrazione. I risparmi si assottigliano, stanno finendo o sono stati bruciati. Chi non li aveva è stato addirittura schiacciato da questo peso. 

Il pacchetto messo in campo dal governo è articolato. Un fact-checking a quasi un mese esatto dal decreto che ha chiuso il Paese (le norme sono state annunciate l′11 marzo e sono entrate in vigore dalla mezzanotte del giorno seguente ndr) dice che nelle tasche degli italiani è arrivato davvero ben poco. Nulla di fatto, con eccezione dei buoni spesa, e una piccola fetta della cassa integrazione. Un ritardo che rischia di ripetersi perché il lockdown proseguirà per quasi un altro mese e il decreto chiamato a rifinanziare le misure di marzo sarà approvato non prima del 25-30 aprile. Quindi le domande partiranno a maggio e i soldi rischiano di arrivare di ancora in ritardo. Un nuovo ritardo. 

Il rubinetto chiuso della cassa integrazione

La cassa integrazione è lo strumento principale che il decreto Cura Italia ha previsto per sostenere circa 5 milioni di lavoratori dipendenti che sono fermi, in tutto o in parte. Le forme di sostegno sono tre (cassa integrazione ordinaria, in deroga e il Fondo di integrazione salariale). La durata dell’intervento – fino a nove settimane – spiega bene l’importanza di questo ombrello. 

Il rubinetto, però, è praticamente chiuso. La cassa integrazione in deroga è al palo. Non tutte le Regioni hanno mandato le liste dei beneficiari all’Inps. Qualche Regione, come il Veneto, ha capito l’andazzo e si è organizzata per conto suo con le banche. I soldi non arriveranno neppure entro il 20 aprile. Solo qualche giorno dopo, infatti, il meccanismo di erogazione dovrebbe essere pronto. Un blocco che deve far preoccupare, e molto, perché la cassa integrazione in deroga è una delle forme più utilizzate dalle imprese in crisi. 

Va un po’ meglio per la cassa integrazione ordinaria. Quantomeno qualcuna l’ha ricevuta: sono 1,8 milioni di italiani. Li ha pagati l’Inps. Altri 677mila la riceveranno dalle banche, ma solo dalla prossima settimana. L’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale è arrivato invece a 747mila beneficiari. E anche qui vale il ragionamento dell’urgenza perché il sostegno è rivolto ai lavoratori del commercio, ma anche a quelli dei servizi e del turismo delle aziende che hanno una media di più di cinque dipendenti. Sono le piccole-medio imprese, quelle che stanno soffrendo di più i contraccolpi della crisi. 

I bonus per gli autonomi e le partite Iva dal 15 aprile in poi. E qualcuno l’ha perso prima di riceverlo. 

Ad aspettare il bonus da 600 euro di marzo sono circa 4,8 milioni di lavoratori. Professionisti con partita Iva, commercianti, artigiani, operai agricoli, gli stagionali del turismo e degli stabilimenti termali, i lavoratori dello spettacolo. All’Inps le domande sono arrivate in quantità: 3,6 milioni fino all′8 aprile. Ma i soldi arriveranno sui conto correnti dei beneficiari solo dal 15 aprile in poi.

Qualcuno sarà anche beffato: doveva riceverlo, ma non lo avrà. Il decreto che dà liquidità alle imprese, approvato lunedì e pubblicato mercoledì notte sulla Gazzetta ufficiale, ha cambiato i requisiti per i professionisti che devono fare riferimento al cosiddetto Fondo per il reddito di ultima istanza, il bacino delle risorse destinato a loro. Ora i 600 euro andranno solo agli iscritti alle Casse di previdenza obbligatoria “in via esclusiva”. Chi versa contributi anche all’Inps o ha una pensione sarà tagliato fuori. Eppure moltissime domande sono state già presentate sul sito dell’Istituto di previdenza. Il cambio in corsa ha mandato in tilt le Casse, che devono procedere ora a verificare se il richiedente versa anche all’Inps. Il risultato? Erogazione del bonus sospesa. 

I voucher baby sitter caricati sui libretti delle famiglie, ma i soldi alle lavoratrici arriveranno il 15 maggio

I buoni da 600 euro sono destinati, a determinate condizioni, alle famiglie con figli che hanno uno o entrambi i genitori a lavoro, fuori o in casa. Al 9 marzo, i bonus erogati dall’Inps sono stati quasi 36mila, di cui 28.203 per il settore privato e 7.676 per il pubblico. Chi ha fatto la domanda il primo aprile (prima non era possibile farlo), dovrà avvisare la baby sitter che i soldi sul suo Iban arriveranno solo il 15 maggio. 

I buoni spesa distribuiti tempestivamente

Sta dando buoni risultati l’ordinanza della Protezione civile che ha tirato a sé la gestione dei 400 milioni stanziati dal governo il 28 marzo. La distribuzione dei ticket per fare la spesa è stata avviata già la scorsa settimana nei circa ottomila Comuni italiani, con criteri che tengono conto della densità della popolazione e dell’indice di povertà. Entro Pasqua dovrebbero arrivare a tutti i beneficiari. In ordine sparso, per dare l’idea di come la macchina si è ben avviata. Ad Alessandria la distribuzione dei buoni spesa è iniziata venerdì, coinvolgendo mille famiglie per circa 400mila euro in tutto. A Sulmona, in provincia de L’Aquila, i buoni sono in distribuzione da giovedì per un importo pari a 150mila euro. A Napoli saranno seimila i meno abbienti che prima di domenica potranno usufruirne. A Torino sono stati già dati buoni per 210mila euro. 

La partita in differita dei soldi (in prestito) alle imprese

I soldi alle imprese, sotto forma di prestiti con la garanzia dello Stato, hanno tempi leggermente diversi perché il decreto è stato approvato lunedì. Ma qui la considerazione da fare è che si è cercati di tamponare a un intervento che nel Cura Italia è stato sì massiccio (350 miliardi di garanzie pubbliche), ma che si è rivelato insufficiente. Almeno nelle valutazioni delle stesse imprese. E comunque anche il governo ha deciso di intervenire prima del decreto di aprile, consapevole che l’urgenza aveva intanto resettato i tempi. Per l’idraulico o il piccolo commerciante, così come le piccole partite Iva e le ditte individuali, i prestiti fino a 25mila euro dovrebbero arrivare entro la fine della prossima settimana, al massimo in quella che va dal 20 al 26 aprile. Altro discorso, invece, per quelle che chiederanno un prestito maggiore. Sace, che ha in mano la gestione di quelli per le grandi imprese, ma anche una fetta di quelli destinati alle piccole e medie, sta accelerando la messa in moto della catena di trasmissione dei soldi che passa dalle banche e finisce nelle tasche degli imprenditori. Lo schema è quello riportato qui di seguito.

Prestiti alle
Prestiti alle imprese

Sace garantisce di riuscire a elaborare la pratica nel giro di due giorni, appena ricevuta dalla banca. Ma qui entrano in campo le incognite, la burocrazia e il rischio che i prestiti non arrivino in modo tempestivo. Innanzitutto le banche si stanno organizzando per fare il prima possibile, ma non saranno pronte prima di una settimana. E i tempi delle istruttorie sulle pratiche non saranno di certo immediate. Poi la richiesta passa a Sace. E poi ritorna alla banca. Tutto potrà essere tranne che una liquidità immediata. 

FONTE: HUFFINGTONPOST.IT

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