PROCESSO BLACK CAT – Mafia e droga sulle Madonie: in 3 patteggiano, in 4 scelgono l’abbreviato

I pizzini e la droga: a Castelbuono la mafia delle Madonie aveva stabilito il suo centro nevralgico. Da un lato la corrispondenza tra i boss passava da lì, dall’altro fiumi di cocaina giungevano nella cittadina dove venivano divise le dosi e destinate allo spaccio al dettaglio nei comuni vicini.

Antonio Maria Scola, tra i condannati dalla prima sezione della Corte d’appello di Palermo al processo Black Cat, sarebbe stato il reggente della locale famiglia mafiosa.

Ecco il filone sulla droga, scoperto durante l’inchiesta Black Cat, che poi è stato trasferito per competenza territoriale dalla Dda, in città, alla Procura di Termini Imerese, dove il pm Eugenio Faletra ha condiviso l’impianto accusatorio dei carabinieri di Termini. Nel giorno in cui la Corte di appello ha emesso il verdetto del giudizio abbreviato, in udienza preliminare è giunta questa tranche.

Il 13 novembre davanti al gup Claudio Emanuele Bencivinni verranno discusse le posizioni dello stesso Scola, di Angelo Schittino, figlio di Samuele, vecchio boss di Lascari, di Giacomo Li Destri, presunto esponente della famiglia mafiosa di Caltavuturo, di Nicola Bancale, 29 anni di Cefalù. Hanno patteggiato: Francesco Bonafede, 43 anni di Lascari, un anno e otto mesi di reclusione oltre a 3 mila euro di multa; Camillo Virgillito, 33 anni di Cefalù, un anno e quattro mesi di reclusione, oltre a 4 mila euro di multa; Antonino Santoro, 21 anni di Caltavuturo, un anno e 2 mila euro di multa. Il gup ha dichiarato l’incompatibilità territoriale per la posizione di Alberto Pappalardo, 33 anni di Resuttano nel Nisseno.

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