GRANDE PASSO 3- Trovate le armi dei “corleonesi”: erano nascoste a Caltabellotta, l’armiere è di Burgio[VIDEO][Vd Tg]

Nel corso dell’operazione di ieri che ha portato all’azzeramento del mandamento di Corleone, in provincia di Palermo, i carabinieri di Monreale e Corleone hanno eseguito una serie di perquisizioni con il sequestro di un cospicuo arsenale formato da una pistola e quattro fucili oltre relativo munizionamento, che sono state rinvenute esattamente nell’ovile dei Pellitterri nascoste sotto le balle di fieno come avevano preventivato i due giovani arrestati: una pistola Beretta calibro 7.65 con il colpo in canna pronta a sparare ed un fucile semiautomatico Franchi calibro 12, più numerose munizioni sono state sequestrate dai carabinieri.

Nel pomeriggio le indagini, hanno consentito di individuare anche lo zio Pino, Pellegrino Grisafi, 56 anni di Caltabellotta in provincia di Agrigento, incensurato. Nella sua campagna sono stati trovati, nascosti in pozzetto frigo in disuso, tre fucili perfettamente funzionanti, uno a canne mozze marca Franchi calibro 12 con matricola abrasa, una doppietta sovrapposta marca Lames calibro 12 con matricola parzialmente abrasa e un’altra doppietta calibro 12 prima di matricola, e relativo munizionamento, tra cui colpi a palla singola, particolarmente dirompenti. Si tratta di un importante riscontro che avvalora ulteriormente la concretezza delle minacce captate e della pericolosità sociale degli arrestati, che avevano in mente di costituirsi in un mandamento diverso da quello di Corleone, avvicinandosi ad esponenti agrigentini di cosa nostra, e che programmavano omicidi, anche su commissione per somme di denaro esigue. L’indagine ‘Grande Passo 3′ ha rivelato il possesso e la detenzione illegale di armi da parte dei principali esponenti della famiglia mafiosa di Chiusa Sclafani, ovvero i Pellitteri, che costituivano un gruppo di fuoco a disposizione di cosa nostra per compiere atti intimidatori ed omicidi nei confronti di vittime predesignate: imprenditori, ma anche ignari cittadini imbrigliati in vicende private di eredità contese. Il 19 gennaio 2015 era stata intercettata una conversazione tra Salvatore Pellitteri, classe 1992, e il cugino Roberto Pellitteri, arrestati in esecuzione del fermo di ieri. L’argomento verteva principalmente sulla scelta del luogo dove nascondere le armi in loro possesso, sull’opportunità di spostarle sfruttando l’oscurità della notte per evitare eventuali controlli sul territorio delle Forze di Polizia, nonché sulla necessità di provarle ed effettuare la dovuta manutenzione per mantenerle efficienti. In particolare, gli indagati facevano riferimento ad alcune pistole e ad una persona, tale zio Pino, che teneva nascosta un’arma all’interno della propria autovettura. “Lo zio Pino se la porta appresso tanto chi minchia lo ferma. Lo zio Pino la mette qua dietro al seggiolino suo ce l’ha”, diceva Roberto Pellittieri.

Dunque, trova conferma come viene scritto nel provvedimento di fermo, l’ipotesi ora certezza del possesso di armi ad opera del gruppo mafioso che si avvale per la custodia e manutenzione di persone di Burgio e Caltabellotta.

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