Arrestati trentadue affiliati al mandamento di Porta Nuova di Palermo. Un’operazione scattata all’alba a conclusione di un’indagine sui business di cosa nostra in città. Affari legati alla droga, cocaina in particolare venduta ai professionisti, ma anche all’imposizione delle forniture di caffè ai bar.
Su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, i carabinieri hanno dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare detentiva, emessa dal gip del locale Tribunale, nei confronti di 32 indagati, accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, favoreggiamento reale aggravato, trasferimento fraudolento di valori, sleale concorrenza aggravata dalle finalità mafiose, spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illecita di armi.
Dalle indagini emerge come sia ancora la droga il principale business di Cosa nostra a Palermo. Dall’inchiesta, coordinata dalla Dda guidata da Francesco Lo Voi, è emerso che il “mandamento” mafioso di Porta Nuova organizzava le piazze di spaccio di sostanze stupefacenti nel centro della città e che la domanda di droga è in continua crescita. Sono state registrate dai carabinieri centinaia di richieste di acquisto per uso personale anche da parte di imprenditori e liberi professionisti della cosiddetta Palermo bene.
L’inchiesta è la prosecuzione delle indagini iniziate con i fermi dello scorso 4 dicembre 2018 nel corso dell’operazione “Cupola 2.0” con cui è stata smantellata la nuova commissione provinciale di cosa nostra palermitana, che si era riunita per la prima volta il 29 maggio 2018 nella località di Altarello di Baida, così come confermato anche da successive dichiarazioni dei due nuovi collaboratori di Giustizia.
In quel contesto erano già state tratte in arresto undici persone ritenute appartenere al mandamento mafioso di Porta Nuova, tra cui Gregorio Di Giovanni, detto il reuccio, considerato il nuovo rappresentante del gruppo mafioso.
Dalle indagini è emerso che Di Giovanni fu scarcerato nel 2015 e affiancò il reggente del mandamento Paolo Calcagno, prendendone poi il posto nel momento in cui fu arrestato nell’operazione “Panta Rei”, eseguita nel dicembre dello stesso anno.
Da quel momento Di Giovanni fu affiancato nel controllo mafioso del territorio dal fratello Tommaso (nel suo breve periodo di libertà dal 18.12.2016 al 17.07.2017) avvalendosi per la gestione delle attività illecite della collaborazione di uomini di fiducia per i diversi quartieri del Capo, della Vucciria, di Ballarò e della Zisa.
Gli interessi di Calcagno si sarebbero concentrati sul sostentamento economico della propria famiglia. Durante i colloqui in carcere avrebbe dato alla moglie e al cognato indicazioni sulle persone ai quali rivolgersi per ricevere le somme di denaro spettanti per lo stretto mantenimento e i profitti degli investimenti economici realizzati insieme ad altri associati, in attività commerciali pienamente funzionali e attive.
Non solo la droga al centro degli affari della mafia. Sono state, inoltre, individuate due diverse attività, una imprenditoriale e l’altra commerciale a Palermo e riconducibili agli esponenti di vertice di cosa nostra, ma intestate a prestanome e quindi sottoposte a sequestro preventivo. Con l’intimidazione mafiosa il gruppo di Porta Nuova avrebbe creato illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso per avere imposto la fornitura di caffè a bar del territorio.
Infine, sono stati individuati gli autori di cinque estorsioni nei confronti di imprenditori e commercianti costretti al versamento a cosa nostra di somme di denaro.
More Stories
MISS ITALIA 2024 -Non ce l’ha fatta l’agrigentina Elena Di Battista.
Ad Assisi un convegno sul tema “L’impegno dei Cattolici in Politica – Il Valore della Dottrina Sociale”.
Metaphorà, il Museo Multimediale di Agrigento pronto a diventare un polo culturale innovativo.