Prima ha sondato la disponibilità di alcuni dipendenti per un eventuale trasferimento in un altro sito in Italia o all’estero. Poi, davanti alle rimostranze dei sindacati, l’Eni di Gela ha proceduto a cinque trasferimenti d’ufficio in una consociata che produce additivi chimici nel torinese. A tre dei cinque operai, che hanno rifiutato il trasferimento, è stato vietato l’ingresso in raffineria. Immediata è scattata la protesta con il blocco dei cancelli. Si paventa che l’Eni voglia alla chetichella avviare il processo di dismissione, senza cosi bonificare né risarcire il territorio.
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